Varie, 11 giugno 2002
Tags : Henry Tillman
Tillman Henry
• Durand (Stati Uniti) 1 agosto 1960. Ex pugile • «[...] olimpionico a Los Angeles 1984, gloria sportiva e passato da delinquente in giudicato, uno dei pochi uomini che possano vantare di aver battuto Mike Tyson due volte. Accadde pochi mesi prima dei giochi, quando entrambi erano ancora dilettanti. Poi nel ”90 IronMike si prese la rivincita, mandandolo al tappeto al primo round. Tillman è un tipetto del quale si dice che abbia vinto più combattimenti di strada che match di boxe. Ma sul ring ha esibito uno dei più potenti ed efficaci jab mai visti nella storia del pugilato. [...] La rabbia e la violenza che lo avevano fatto sopravvivere negli slums gli erano pure servite come carburante per affermarsi sul quadrato, decano del team Usa ai Giochi di Los Angeles. E quando nel 1987 sposò nientemeno che la nipote del grande Jesse Owens, Gina Hemphill, sembrava che il suo passato di marginalità fosse sepolto per sempre. Avviato a una promettente carriera da professionista, rimase imbattuto per 10 incontri. Ma i demoni che lo avevano spinto sul ring e agli allori di Olimpia si presero gioco di lui. Gli sottrassero quello che gli avevano consegnato. E il suo curriculum tornò a riempirsi di guai con la giustizia più seri che mai. Il figlio di South Central, teatro della rivolta del ”92, ha scontato due pene per reati diversi. Nel 1996 fu accusato per una sparatoria in cui rimase ucciso uno spacciatore; il giudice sospese il giudizio sull’accusa di omicidio poiché i procuratori rifiutarono di rivelare la storia criminale, in quanto informatore della polizia, del testimone che avrebbe dovuto inchiodarlo; Tillman accettò di patteggiare una condanna lieve: sei anni di carcere. Il suo avvocato sostenne che era vittima di un errore di identità. Come Tyson, in prigione scoprì l’Islam e i libri. Nella sua vicenda di vita c’è il pathos del pugile maledetto e tante nemesi manco fosse il copione di un film: lo sconfitto nella finale dei Giochi ”84, il canadese Willie de Wit, è oggi avvocato di diritto penale a Calgary e sull’avversario di un tempo dice: ”Fa sempre impressione sapere che un olimpionico, che dovrebbe essere un esempio di vita, ha avuto a che fare con la giustizia”. Alla fine degli anni ’90, la Hemphill divorziò da Tillman. Il suo ex trainer e mentore, Mercer Smith, racconta che Tillman a un certo punto bruciò tutto quello che aveva costruito. Imboccòuna linea d’ombra conradiana. ”Ero fuori, non avevo un progetto di vita”, ammette ora il Tillman educatore. Caracollava come buttafuori tra i night e i ristoranti di Las Vegas quando nel 2004 si beccò una condanna di 3 anni per una truffa. Ma, dice, mettendosi in una brutta situazione ha costretto la mano della provvidenza a indurlo a redimersi. Incarcerato nel reclusorio di massima sicurezza di Lompoc, ha completato il giro della sua ruota: era stato nel penitenziario di Chino, nel 1981, che Mercer Smith gli aveva insegnato la boxe come arte. Per i suoi allievi ragazzini ha il carisma della gloria mista alla perdizione. Il fascino del Bene e del Male. Non è facile avere come insegnante dal vivo un campione dei massimi. Uno che ha battuto Tyson. Uno che vinto un oro olimpico. E non è facile non interrogarlo sui suoi guai: fa parte del gioco che Tillman ha accettato. Tutti sanno che il suo background non è certo la Yale University. ”Alcuni sbocciano presto come uomini. Altri devono lottare. E io ho sempre lottato, non mi sono mai arreso. Sono uno del quale non si può dire: si è ritirato”. [...]» (Marco Perisse, ”il manifesto” 28/12/2006).