Varie, 11 giugno 2002
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Troussier Philippe
• Parigi (Francia) 21 maggio 1955. Allenatore di calcio. Dal 2005 alla guida del Marocco • «[...] Dopo l’apprendistato in patria, nel 1989 accettando l’offerta dell’Asec di Abidjan, il più importante club della Costa d’Avorio, Troussier ha iniziato una carriera decisamente particolare per incarichi e destinazioni, rivaleggiando a distanza per esotismo, flirt con i Mondiali e brevità degli incarichi assunti con l’altro grande girovago della panchina, lo slavo Bora Milutinovic. Dopo aver vinto tre campionati di fila con l’Asec, cosa che gli fece guadagnare il soprannome di ”stregone bianco”, tuttora in voga, il francese ha preso in mano la nazionale della Costa d’Avorio, incarico terminato bruscamente dopo un’intervista tv in cui Troussier aveva insultato il presidente della federazione. Prima puntata in Sudafrica, ai Kaizer Chiefs di Soweto, seguita dall’esordio in Marocco: con il Fus di Rabat, allora in seconda divisione, il francese nel ”95 vinse la Coppa del Trono. Tra il ”97 e il ”98 fugaci apparizioni alla guida delle nazionali di Nigeria (licenziato appena conquistato il Mondiale), Burkina Faso (semifinalista alla Coppa d’Africa) e Sudafrica, con l’esperienza infelice del Mondiale francese. Abbandonata l’Africa ecco l’Asia: quattro anni di Giappone, compreso il Mondiale casalingo, poi il Qatar. Nel 2004, dopo 15 anni, il ritorno in patria, all’Olympique Marsiglia, per una sola stagione. [...] aveva detto sì alla Nigeria, cambiando però idea quando aveva capito che, anche vincendo sempre, le Super Aquile potevano mancare il Mondiale. Infatti a Germania 2006 andrà l’Angola. Con il Marocco Troussier ha firmato un contratto di cinque anni, insolitamente lungo per l’Africa, e nel paese dove dal ”95 aveva conservato una casa potrà togliersi delle soddisfazioni [...]» (Filippo Maria Ricci, ”La Gazzetta dello Sport” 27/10/2005). «Dice che scegliere la formazione per lui è ”come partorire un bambino”. Prova da solo ”come un attore” i discorsi da tenere negli spogliatoi con l’aiuto dell’assistente Florent Dabadie, e ne annota su un foglio i passaggi fondamentali. Si avvale della consulenza di un altro connazionale, Michel Ebbé, detto Monsieur Stratégie, esperto di analisi dei dati. Ha coniato formule complesse tipo 3-4-2-1 e da ultimo 3-6-1. Cambia colore di giacche e cravatte a seconda dell’avversario. Impone agli attoniti calciatori il canto di un coro propiziatorio da lui intitolato Lala Song, sul tema di Hey Jude dei Beatles: ”La lala lalalalà!; e tutti di rimando: ”Lalalalà!”. Sul bus per lo stadio fa proiettare le migliori triangolazioni. Prima della partita, scioglie la suspense scrivendo i nomi degli eletti sulla lavagna. Dopodiché, ”i volti di alcuni giocatori si spengono. Le facce di altri si accendono come un fuoco d´artificio. Posso sentire i miei uomini respirare. Inietto adrenalina come un torero pianta le banderillas. I loro occhi sembrano quelli dei posseduti. Il campo ci chiama”. Un folle. […] Figlio di macellaio di provincia, controllore della linea Saint-Germain-en-Laye-La Défense del metrò parigino (matricola 13.269), fisioterapista, allenatore nella B francese, nell’89 scopre l’Africa. Candidamente ammette: ”Prima le mie conoscenze si limitavano alla lettura di Tintin in Congo”. Parte dal basso: tecnico dell’Assec Abidjan, ”con cui - precisa orgoglioso - ho vinto tre scudetti della Costa d’Avorio” (e ci mancherebbe). Promosso ct della Nazionale, la abbandona per il C.A. Rabat. Esonerato, ripiega sul Fus Rabat, seconda serie marocchina, non proprio il Real Madrid. Poi allena la Nigeria, il Burkina Faso, dove lo chiamano lo Stregone Bianco, il Sud Africa, che conduce all’eliminazione nella prima fase di Francia ”98. Quindi, l’incontro con la federazione giapponese, che lo preferisce a Zico e Ardiles. Quello felicissimo con lo yen. E quello infelice con Idetoshi Nakata. Nel libretto rosso del ct, la stella del Giappone è liquidata in poche parole. I due non si amano. Personalità troppo forti per intendersi» (’La Stampa”, 27/5/2002).