Varie, 17 giugno 2002
BOTTO
BOTTO Alessandro Roma 17 marzo 1959. Politico. Ex segretario generale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. «’Ho lavorato con Andreatta come consigliere giuridico al ministero della Difesa, sono stato capo di gabinetto con Fassino al Commercio con l’estero, con De Mauro alla Pubblica istruzione, con Frattini alla Funzione pubblica... vivendo con serenità l’alternanza fra centrosinistra e centrodestra. La politica, nel nostro mestiere, va tenuta lontana. Ci sono le persone e le leggi, i progetti e le idee. Noi siamo quelli che devono ricordare le regole del gioco. Anche nei momenti di massimo scontro, dobbiamo mantenerci neutrali. Siamo un po’ come gli arbitri nelle partite di calcio... […] Appena insediato ho aperto una commissione d’inchiesta sui fatti raccontati dal giornale di Vittorio Feltri. Ho intenzione di fare pulizia e rendere più efficiente questa struttura. Se ci sono state irregolarità, vedremo. Stiamo già riorganizzando il nostro lavoro, proprio in vista dell’immenso compito che ci attende[…] Sono uno che si è fatto il mazzo. Non avevo parenti, amici o relazioni speciali, l’unica possibilità che mi restava per emergere era studiare più degli altri. Mi sono laureato a 23 anni con la lode, poi sono partito militare in Aeronautica e mi nascondevo nelle cantine della caserma di viale Giulio Cesare, con topi e ragni, per prepararmi al concorso di magistratura. Mentre facevo il pretore, a Grosseto, sono diventato procuratore, poi idoneo all’avvocatura di Stato... E alla fine, nel 1994, ho vinto le olimpiadi, la medaglia d’oro del Consiglio di Stato. Il concorso era soltanto per un posto: di giorno lavoravo al Tar di Genova, mi preparavo la notte, ripetevo camminando e tenendo la mia figlia piccola sulla spalla... Lei piangeva se mi fermavo, poi mi lasciava la ricottina sul golf e io sembravo un pazzo che parlava da solo, davanti alla finestra. Ero così esaurito che mi venne l’alopecia da stress e, appena vinto il concorso, una broncopolmonite. Le mie difese erano crollate, ma ce l’avevo fatta”. Diventare consigliere di Stato, per un trentenne esperto di diritto, è il massimo. Anche perché si conquista (a vita) uno stipendio di poco inferiore a quello di un parlamentare. ” una garanzia di indipendenza dal politico di turno. Siamo più liberi. Possiamo dire: no grazie, al ministro. fondamentale che chi occupa un posto di garanzia istituzionale non sia ricattabile dal suo capo”. Dice di non frequentare i potenti, ”ai vip della politica preferisco i miei vecchi amici di Grosseto. E cerco di stabilire rapporti semplici e cordiali con i colleghi di lavoro. Vede? Quelle sono le nostre fotografie, le porto sempre con me. La domenica vado in Vespa allo stadio. Non mi piacciono quelli che esibiscono i segni del potere, meglio passeggiare in pace”. […] Sua moglie Valentina è magistrato ordinario e insegna diritto del lavoro alla Scuola superiore di economia e finanze. Se non avesse studiato per diventare un dirigente pubblico, forse sarebbe diventato giornalista o conduttore televisivo... ”Partecipai alle selezioni Rai, nel 1980. Ero studente universitario e il figlio di un tecnico mi portò in via Teulada per alcuni provini. Dopo due mesi di riprese, registrazioni, test, prove, rimanemmo in otto. Quattro maschi e quattro femmine. Cercavano volti nuovi per i programmi del pomeriggio, quelli dedicati ai ragazzi. C’era anche Fabrizio Frizzi... All’ultima selezione, quella decisiva, fui scartato. Lui continuò, io tornai a studiare”. Ecco a chi somigliava, il sorridente segretario generale. Proprio a Frizzi, al ragazzo buono che tutte le mamme vorrebbero come figlio» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 10/6/2002).