17 giugno 2002
Tags : El Hadji Diouf
Diouf ElHadji
• (Ousseynou Diouf). Nato a Dakar (Senegal) il 15 gennaio 1981. Calciatore. «Detto ”El Hadji”, che significa serial killer. Mai soprannome fu meno appropriato - anche soltanto metaforicamente, come usa per i goleador - dal momento che Diouf quando giocava con la maglia del Liverpool segnò 6 gol in 80 partite, toccando l’abisso di 0 gol nella stagione 2003/2004, cosa mai accaduta a un giocatore con indosso la maglia dei Reds numero 9. Oggi è al Bolton, allegra provinciale inglese dove gode la compagnia di star attempatelle come Ochocha, Hierro e Ivan Campo, ma il suo disastro è appena cominciato. Diouf è arrivato in Inghilterra sull’onda del successo del Senegal agli ultimi mondiali. Alto, bello e sfrontato, piccola star in Francia (Sochaux, Rennes, Lens) il ragazzo che aveva fatto entusiasmare il mondo intero battendo i bleus campioni del mondo nella partita inaugurale di Giappone-Corea 2002, venne pagato la cifra record di 10 milioni di sterline per passare al Liverpool allora allenato da Gerard Houiller. Dopo le prestazioni di cui sopra, alla sua terza stagione nella Premiership i giornali inglesi non fanno fatica a soprannominarlo ”spitting”, quello che sputa. Omettono di aggiungere ”serial”, ma ne avrebbero ben donde. [...] Nel marzo 2003 è ancora una sputazza sul pubblico, durante Liverpool-Celtic di Coppa Uefa. Diouf viene squalificato, ma anche processato e condannato dalla giustizia scozzese. La ricostruzione di quel caso la affidiamo qui di seguito alle parole del suo avvocato difensore: ”L’atmosfera era elettrica. Nel calore del momento l’adrenalina scorreva, saliva, pompava. La partita era stata descritta come la Battaglia di Bretagna. Il mio cliente che è un atleta potente correva verso la palla, e lo slancio l’ha portato a scavalcare i cartelloni al limite del campo, il muretto di recinzione. E’ caduto tra il pubblico. Era molto scioccato”. Il fattaccio avviene qui. Dominic Schiavone, tifoso del Celtic, aiuta Diouf a rialzarsi ma nel farlo gli tocca la testa in segno di incoraggiamento. Diouf si gira e gli sputa. ”Nella cultura senegalese - continua la difesa - è un gesto degradante. Lo facevano i mercanti di schiavi”. Benchè il giudice non abbia dato retta al notevolissimo avvocato difensore in un processo dai contorni in verità abbastanza sordiani, l’occasione di riflettere su alcuni insegnamenti che l’antropologia può dare al calcio globalizzato d’oggi non è da buttar via. Il ”Times”, occupandosi del caso Diouf e consultando alcuni esperti a riguardo, ha scoperto infatti che lo sputo addosso a qualcuno ha un significato positivo soltanto nella cultura greca, dove si crede che protegga dal male. Non si faceva cenno a Totti, ma questa è tutt’altra storia. Diouf, che pure è considerato una superstar nel suo Senegal, dove torna quando può e non lesina mai dichiarazioni in tv, autografi e lunghe chiaccherate per la strada con semplici tifosi, ha detto soltanto una volta: ” vero, a volte mi piace fare il bad boy”, e basta così. [...]» (Alberto Piccinini, ”il manfesto” 8/12/2004). «Di religione musulmana, ha acquisito l’appellativo di El Hadji , il pellegrino, rendendo visita alla Mecca. arrivato in Francia quando aveva 14 anni, scovato in Senegal dagli scout del Lens . Dopo alcuni anni nelle giovanili del club francese, nel 1998 è stato ceduto in prestito al Sochaux , che lo ha fatto esordire in prima divisione a 17 anni, e l’anno successivo al Rennes. Gioca con regolarità, ma segna poco: nessun gol con il Sochaux, uno con il Rennes. Tornato al Lens per la stagione 2000-2001, non ancora ventenne è pronto ad esplodere. Otto reti in 28 partite nella prima stagione, con il Lens che lotta per non retrocedere, 10 nel campionato 2001/2002, perso all’ultima partita con il Lione. In nazionale è arrivato nel 2000 ed è esploso da quando i Leoni del Teranga sono stati affidati a Bruno Metsu . Nelle 10 partite di qualificazione al Mondiale, ha segnato 8 dei 14 gol del Senegal, ed è stato decisivo nel 5-0 finale in Namibia che ha regalato il primo Mondiale al suo paese. Ha perso ai rigori la finale di Coppa d’Africa 2002 contro il Camerun, è stato eletto calciatore dell’anno per l’Africa. Lo chiamano ”serial killer” per la freddezza sotto porta. [...]» (’Corriere della Sera” 1/6/2002). «Porta i capelli ossigenati, ha il difetto di allungarsi le vacanze (è rientrato dalla Coppa d’Africa di gennaio con dieci giorni di ritardo e in sua assenza il Lens ha perso punti che gli sono poi costati lo scudetto francese), conosce i locali notturni come l’area di rigore, è odiato da quasi tutte le tifoserie perché dopo ogni gol gli piace festeggiare sotto la curva avversaria. Pare il ritratto di uno destinato a finire male. E invece ha pure il cuore d’oro. testimonial dell’Unicef per la lotta contro la fame (si può scaricare un suo filmato dal sito www.unicef.org/football/). un punto di riferimento per i ragazzi senegalesi da quando, insieme ad altri giocatori africani del campionato francese, si è lanciato in un progetto studiato dal Consiglio regionale Nord-Pas de Calais. Si chiama Lambars, che in wolof, la principale delle lingue locali del Senegal, vuol dire ”campioni”. Lambars vuole creare un centro di formazione calcistica per i giovani senegalesi più promettenti. [...] Non si è dimenticato della sua infanzia difficile a Saint-Louis, 200 chilometri a nord di Dakar. Del viaggio della speranza in Francia, lasciando la famiglia. Dei problemi a Sochaux e a Rennes. Dell’arresto per guida senza patente. ”Ero un teppista, rischio di diventare un idolo”» (Luca Valdisserri, ”Corriere della Sera” 1/6/2002).