Varie, 17 giugno 2002
EPIFANI Guglielmo
EPIFANI Guglielmo Roma 24 marzo 1950. Sindacalista. Ex segretario generale della Cgil (fino al novembre 2010). Laureato in filosofia. ha iniziato la sua carriera alla Cgil nel 1974 nella casa editrice “Editrice sindacale italiana” e poi nell’ufficio economico. In quel periodo lavora con Giuliano Amato. Nel 1979 ottiene il primo incarico politico, come segretario generale aggiunto dei poligrafici di cui diventerà segretario generale nel 1983. Nel 1991 entra nella segreteria confederale chiamato da Bruno Trentin. L’anno successivo verrà eletto segretario generale aggiunto della Cgil , al posto di Ottaviano Del Turco. Nel 1994 diventa vicesegretario della Cgil. «Rimasto per anni nell’ombra, oscurato dalla stella del capo, porta alla guida della Cgil una storia personale, gusti, passioni, uno stile che lo rendono diverso non soltanto da segretari comunisti come Agostino Novella, Bruno Trentin, Luciano Lama, Antonio Pizzinato, ma dallo stesso Cofferati. Proprio la sua storia personale e il suo carattere possono aiutare a districare il grande enigma che accompagna la sua ascesa: il nuovo leader sarà “il prestanome di Cofferati”, per dirla con la brutalità di un ex amico come Giuliano Cazzola? Oppure, con il trascorrere dei mesi, correggerà la rotta? Molto garbato, colto, una faccia alla Harrison Ford - come lo ha soprannominato una compagna della Cgil - è quasi coetaneo del suo grande amico Sergio Cofferati. Eppure, seguendo le due vite in parallelo si scoprono giovinezze molto diverse. All’inizio degli anni Settanta, mentre il giovane Cinese bazzicava a Milano gli ambienti del Movimento studentesco di Mario Capanna, a Roma il giovane Guglielmo preparava la tesi di laurea su Anna Kuliscioff, socialista riformista, femminista ante-litteram e compagna di Filippo Turati, “in anni in cui - racconta – l’Università era un disastro: alle lezioni di De Felice e Romeo andavano in venti”. E mentre il giovane Sergio si avvicina al pci, Epifani con la chitarra canta Guccini, Brel, De André e si iscrive alla libertaria Fgsi, “cercando il numero di telefono sull’elenco”. Socialista dunque “e con orgoglio”, come rivendica lui stesso a distanza di dieci anni dalla dissoluzione del psi. Certo, lui ci tiene a dire che nel psi stava “con Antonio Giolitti” e “quando Craxi vinse, noi che eravamo vicini agli intellettuali di Mondoperaio perdemmo”. Ma qualche tempo dopo, a metà negli anni Ottanta, era difficile essere socialisti di prima linea senza essere craxiani. Nel 1984, quando Bettino Craxi strappa con il famoso decreto di San Valentino, la Cgil si spacca: il segretario comunista Lama da una parte, l’aggiunto socialista Del Turco dall’altra. Ricorda Giuliano Cazzola, allora in segreteria: “Dopo la rottura con i comunisti, Del Turco iniziò a ricucire con Lama per salvare la baracca della Cgil e in quella occasione Epifani fece una moderata fronda, in sintonia con chi nel psi voleva che la rottura in Cgil si acuisse”. Racconta Del Turco: “Allora venne attribuita ad Epifani la tentazione di un rapporto privilegiato con Craxi per poter acquisire meriti in vista della mia successione, ma considero questa illazione priva di fondamento. In compenso posso rivelare che proprio in quelle settimane Craxi e Martelli, d’accordo con Pierre Carniti e con la Uil di Benvenuto, fecero pressioni fortissime perché noi uscissimo dalla Cgil, formando con gli altri un unico sindacato non comunista. Resistemmo”. Epifani continua la sua ascesa in Cgil, guida il sindacato poligrafici “l’aristocrazia operaia dei tipografi” ed è durante questa esperienza in prima linea che sfoggia le sue virtù più apprezzate: equilibrio, capacità di mediazione. Paradossalmente smarrisce la proverbiale calma con un personaggio felpato come Gianni Letta: “Lui era amministratore delegato e insieme direttore del ‘Tempo’. Chiesi che si dimettesse, avevo dietro la delegazione operaia che faceva il tifo...”. In quegli anni Epifani fa bene, piace, al punto che gli arriva una proposta importante: gli chiedono di fare l’amministratore delegato in Rizzoli e lui dice “no”, perché “il primo valore di chi fa sindacato, è l’autonomia”. Lo stile Epifani piace, tanto è vero che quando il psi si liquefa e lui si iscrive ai Ds (“un approdo naturale”), D’Alema gli propone di diventare responsabile dell’Organizzazione. Lui resta in Cgil e, dopo 8 anni da vice, ne diventa il capo. Scelto da Cofferati che lo ha preferito ai dirigenti ex pci. Dice l’emiliano Paolo Nerozzi, uno degli emergenti della nuova Cgil: “Epifani è stato la soluzione naturale nel segno della continuità e sarà una sorpresa positiva per chi non lo conosce”» (“La Stampa”, 20/9/2002).