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 2002  giugno 17 Lunedì calendario

Fabre Jan

• Anversa (Belgio) 14 dicembre 1958. «Pittore, regista teatrale, scrittore, coreografo, studioso di biologia e entomologia, co-direttore artistico del Festival di Avignone, artista visivo con i suoi lavori ci sommerge di sfide [...] fece il suo conturbante esordio italiano con Il potere della follia teatrale: dedicato alle secrezioni liquide del corpo umano, sangue, sudore, lacrime, lo spettacolo offre a due deliziose danzatrici in reggiseno e gonnellino l’occasione di urinare in palcoscenico e poi allegramente di danzare nella loro pipì col sottofondo musicale di Walk on by di Dionne Warwick. Roba da far storcere il naso, ma non è il caso di Jan Fabre. Nulla in questo artista belga, amatissimo dai critici, specie delle arti visive, è voglia di sensazione, scandalo, provocazione. Appassionato del corpo umano a cui ha dedicato l’intero arco della sua ricerca artistica, Fabre lo mette in primo piano senza occultarne i particolari più meravigliosi né quelli più disgustosi. ”Il corpo è quella cosa in cui mi sveglio ogni mattina, è ciò che vedo e conosco di più - spiega - Il corpo contiene sangue, carne, acqua, linfa permanente. un laboratorio chimico, sensuale, sociale, politico, qualcosa dunque di molto interessante per un artista”. Così The crying body dove i nove attori danzano, lottano, mimano scene d’amore, piangono, ridono, fanno qualunque cosa per secernere sudori e lacrime che una misteriosa signora in nero raccoglie con un cucchiaio per deporle in un sacchetto, si mostrano ”gli impulsi che provocano le secrezioni, impulsi biologici ma anche emotivi, psicologici. Piango per disperazione ma anche per gioia, o per le cipolle. I liquidi sono importanti e belli per il nostro corpo. Lo lavano. Sono una catarsi”, spiega Fabre che in Quando l’uomo principale è donna fa un altro esperimento: il corpo androgino, con la straordinaria Gruwez che nell’ebbrezza di una sensualissima danza con il corpo nudo unto di olio, partorisce un oliva, ”finalmente tutt’una con la materia dove si è immersa”. ”Io provo a far venir fuori la verità del corpo. Animalità, liquidi, sporcizia... natura, perché scandalizzarsi?”. Già perché scandalizzarsi. ”Non mi sento affatto un provocatore. Non è che mi sveglio la mattina e mi dico adesso provoco. Quello che un artista fa non è provocare ma evocare con la mente la verità dell’uomo”» (Anna Bandettini, ”la Repubblica” 2/11/2004). «Plasmatore di corpi reali in tempo reale, teorico di un artista ”guerriero della bellezza”, autore di spettacoli e performance che fondono insieme teatro, danza e linguaggi plastici, specialista in kermesse caotiche, nude, virulente e sensuali, di contenuto anarchico e sociale (dove s’indovina l’eredità del nonno entomologo Jean Henri Fabre), e scultore di oggetti e installazioni a base di coleotteri [...] ”La condizione umana è lo scenario che tento di studiare e rispecchiare in arte, sia a teatro sia attraverso le rappresentazioni plastiche. Rifiuto il cinismo, le manipolazioni e le strategie del potere. Intendo dire il potere dei media, della pubblicità. [...] Non sono un artista multimediale, ibrido. Appartengo piuttosto a una forma di sapere che oggi si direbbe settecentesca, scientifica, fondata su più discipline legate all’esperimento, alla pratica [...] Mi reputo un mistico, nel senso che le mie visitazioni non si fermano mai. La differenza tra un cattolico e un mistico consiste secondo me in questo: il cattolico chiede sempre perdono e vive con traumi e colpe, e il mistico va avanti per esperimenti, senza complessi [...] Sono un po’ come Duke Ellington, condivido un flusso con i miei compagni, un flusso che nonsi ferma mai [...] Per me è fuori moda l’idea dell’artista che deve creare spinto dalla sofferenza. Io lavoro con un sentimento di felicità, e nel rispettare la bellezza faccio una scelta irrazionale, alimento l’immaginazione, e questo implica sensualità”» (Rodolfo Di Giammarco, ”la Repubblica” 30/7/2001).