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 2002  giugno 17 Lunedì calendario

Gotti John

• Joseph New York (Stati Uniti) 27 ottobre 1940, Springfield (Stati Uniti) 10 giugno 2002. Mafioso • «Lo avevano soprannominato il ”boss di teflon”, perché rimbalzava da un processo all’altro senza restare mai incastrato. [...] L’ultimo grande padrino della mafia di New York [...] Figlio di una famiglia di poveri immigrati napoletani. ”Non aveva nulla ma decise di prendersi tutto”, come raccontano i suoi amici, sfruttando al massimo l’unica opportunità a disposizione: il crimine. Dopo vari problemi con la legge quando era ancora minorenne, la sua carriera cominciò a decollare nel 1966, quando si trasferì nel quartiere del Queens, per gestire i furti di camion che uscivano carichi di merci dall’aeroporto Kennedy. Lavorava per la famiglia di Carlo Gambino, e la vera occasione della vita gli capitò nel 1973, quando gli chiesero di uccidere un rivale che aveva ammazzato il nipote del boss. fece il lavoro, che gli costò una condanna a quattro anni di prigione, ma quel sacrificio lo fece salire nei ranghi della mafia. Quando uscì di galera Gambino era morto, e Paul ”Big Paulie” Castellano aveva preso il suo posto a capo della famiglia. Gotti era rispettato e contava, ma non andava d’accordo con il nuovo boss, che tra l’altro era contrario al traffico della droga. Quindi nel 1985, sospettando che Castellano volesse farlo fuori, giocò d’anticipo. Lo fece aspettare da quattro sicari mentre usciva dalla bisteccheria Sparks, sulla 46esima strada, e lo ammazzò nel centro di Manhattan. Guardò tutta l’esecuzione dall’angolo della via, e poi passò anche davanti al ristorante, per essere sicuro che il boss fosse morto. Tre settimane dopo il capo della famiglia Gambino era lui. Da allora cominciò il regno quasi incontrastato su questa macchina del crimine, che aveva circa 300 membri e 2.000 associati. Un esercito che allungava le mani su tutto il business illegale di New York, dalla raccolta della spazzatura allo spaccio di droga, dominando anche le altre quattro famiglie mafiose della città. Sosteneva di essere solo un idraulico, anche se andava in giro con i vestiti di Brioni e altri sarti italiani da migliaia di dollari. Aveva sposato Victoria DiGiorgio da cui aveva avuto cinque figli, il primogenito John junior destinato a prendere il suo posto, Victoria che ha rotto con lui diventando una romanziera di successo, Angela, Peter e Frank. Nel 1980, quando Frank aveva 12 anni, un vicino di casa lo investì per errore con la macchina e lo uccise. La polizia disse che non aveva colpa, ma il vicino sparì e nemmeno il suo cadavere è stato mai ritrovato. Con la popolarità, il potere e il successo cominciarono a venire pure i guai, sotto forma di tre processi per corruzione, omicidio e violenze varie, nel 1984, 1987 e 1990. Comprando i giurati e terrorizzando i testimoni, se l’era sempre cavata, ma nel 1990 venne arrestato. Stavolta l’Fbi aveva registrato le riunioni in cui si vantava di aver fatto ammazzare chi gli mancava di rispetto, e poi il killer di famiglia Salvatore ”Sammy the Bull” Gravano aveva deciso di tradirlo e testimoniare contro di lui. Così, nel 1992, il boss di teflon smise di rimbalzare e venne condannato all’ergastolo. Sei anni dopo lo avrebbe colpito il cancro che lo ha ucciso» (Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 11/6/2002). «Nell’immaginario degli americani era lui il vero erede degli Al Capone e dei Lucky Luciano. Sempre lui - che sfoggiava vestiti d’Armani e un sorriso beffardo - il ”gangster per antonomasia”. Ancora lui il punto di contatto tra realtà e cinema, tra mafia e Hollywood. Quinto figlio su undici di un emigrante campano, veniva dalla gavetta. A 14 anni faceva già parte di una banda di baby-crimali, a 19 anni era già finito in carcere cinque volte. [...] Il ”mito” di Gotti era soprattutto legato alla sua fama di intoccabile. Per dieci anni è sembrato che ogni processo finisse con una assoluzione. Difeso da ottimi avvocati, tra cui Bruce Cutler, e magari intimidendo i giurati, il Padrino riusciva sempre a dimostrare la sua innocenza, la sua estraneità. ”Sono solo un imprenditore edile che vive tranquillamente a Queens con la famiglia”, sorrideva. Pestaggi, omicidi, violenza privata: nessuna accusa era in grado di ”restare attaccata”[..] stato vittima della sua sfacciataggine e del suo successo. Dopo tanti fallimenti, l’Fbi decise di fare le cose per bene: lo sorvegliò notte e giorno per un paio d’anni, registrando le sue conversazioni con sofisticate apparecchiature elettroniche e filmandolo segretamente. Gli agenti lo arrestarono per l’ennesima volta nel 1990. ”No problem”, rispose lui, sfoggiando un doppiopetto di marca e una sciarpa gialla. Pensava di restare in carcere pochi mesi. Invece il tradimento del suo braccio destro, lo incastrò: fu condannato all’ergastolo e trasferito nel carcere di massima sicurezza di Marion, nell´Illinois. Anche da lì, dalla prigione, ha cercato di dirigere la cosca, affidando al figlio John Junior l’incarico ad interim» (’la Repubblica” 11/6/2002).