Varie, 17 giugno 2002
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Hiddink Guus
• Wisch (Olanda) 8 novembre 1952. Allenatore di calcio. Dall’agosto 2010 ct della Turchia. Esordio sulla panchina del De Graafscha, dall’83 al Psv, vinse 3 scampionati, 3 coppe d’Olanda, una coppa Campioni (1988). In seguito in Turchia (Fenerbahce, ”90) e Spagna (Valencia, ”91-94), col Real Madrid vinse l’ Intercontinentale del 1998, nel 1999 fu al Betis Siviglia. Dal 1995 sulla panchina dell’Olanda, nel 1998 la guidò ai Mondiali di Francia ottenendo il 4° posto, stesso risultato ai mondiali 2002 con la Corea del Sud padrone di casa (contestatissima vittoria contro l’Italia agli ottavi). Ai Mondiali 2006 fu sulla panchina dell’Australia (eliminata agli ottavi dall’Italia), con la Russia è giunto terzo agli Europei 2008, nel 2009 vinse col Chelsea la Coppa d’Inghilterra • «[...] Da qualche anno non ha più il perentorio baffo, rasato per scommessa, con cui si impose all’attenzione mondiale, ma ha sempre una di quelle facce che si ricordano. Bella faccia, anche se da noi non troppo amata: lui è quello che [...] ci rimandò a casa dalla Corea, lui è quello che la Corea l’ha portata fino a un’imprevedibile, fin quasi assurda, semifinale mondiale. Ma lui è anche quello che allena il Psv e regolarmente mette in crisi Ancelotti [...] E questo nonostante sia universalmente accertato che il Psv è assai più debole del Milan, così come la Corea lo era della maggior parte delle squadre che sconfisse nel Mondiale 2002 e come probabilmente lo è l’Australia dell’Uruguay. Ma Hiddink ha questo, di speciale: è la spina nel fianco del più forte. ”E quando il più forte perde, non deve cercare scuse”, neanche se si chiamano Moreno. Modesto giocatore in gioventù (De Graafschap, Nec, poco Psv e un’esperienza negli Usa, a Washington e San José), Hiddink è invece un allenatore strepitoso, con un curriculum zeppo di trionfi. Ha cominciato ad Eindhoven vincendo tre scudetti e una Coppa dei Campioni [...]. Poi è stato in Turchia (Fenerbahce) e in Spagna (Valencia) prima di passare alla guida della nazionale olandese, che portò al quarto posto del Mondiale ”98, dopo aver perso ai rigori la semifinale con il Brasile. Quindi, una breve esperienza al Real Madrid, durante la quale ha fatto in tempo a vincere la Coppa Intercontinentale, e poi la clamorosa avventura coreana, durata due anni appena: ma che anni. Gli hanno dato la cittadinanza onoraria, gli hanno intitolato uno stadio (quello di Gwangju, dove eliminò la Spagna nei quarti di finale) è stato eletto marito ideale in un sondaggio fra le concorrenti di Miss Corea e allenatore dell’anno dalla Fifa, ha stravolto abitudini (andava tranquillamente in giro per Seul con la fidanzata, ma ha convinto il popolo che non era così scandaloso farlo) e mentalità, obbligando i giocatori (inizialmente definiti ”galline che razzolano nell’aia”) a credere nella forza della creatività e della libera iniziativa, incitando i giovani a ribellarsi alla gerarchia imposta dall’età, lavorando di psicologia e di tecnica. Dalla Corea se n’è andato in un clima di lutto nazionale, anche se all’Asia resta legato grazie alla fondazione con la quale sostiene ragazzi coreani poveri e handicappati, invitandoli in Olanda per seminari di studio e football. Dal 2002 è tornato al Psv vincendo altri due campionati [...] il suo marchio di fabbrica è un soave 4-3-3 basato sull’organizzazione e sulla velocità delle ali e talvolta rafforzato da rigide marcature a uomo [...]. Questo è lo stile Hiddink, che è anche la stessa persona che un giorno, a Valencia, fermò la partita, prese il microfono e disse al Mestalla: ”O togliete quello striscione con la svastica, oppure noi non giochiamo più”. Ovviamente lo tolsero, pare che una delle cose più piacevoli al mondo sia ubbidire a Hiddink» (Emanuele Gamba, ”la Repubblica” 17/11/2005). «Lasciare il segno, in fondo, è il suo destino. [...] non è un allenatore qualsiasi, soprattutto non è un uomo comune, almeno nel mondo del calcio: un giorno, era il 1992 e guidava il Valencia, minacciò di non far giocare la sua squadra se non fossero spariti dagli spalti gli striscioni con le croci uncinate naziste. ”Lo rifarei anche adesso perché ci sono valori sui quali non transigo. L’antirazzismo è una battaglia lunga e profonda, da combattere a tutto campo. Ricordo benissimo che cosa mi dissero i dirigenti del Valencia. ’Lasci perdere certe cose, non la riguardano. Lei è un allenatore, pensi al campo e alla tattica’. Un corno, un uomo non vive con i paraocchi”. In Italia, però, l’olandese Hiddink, nato a Varsseveld, villaggio di seimila anime poco lontano dalla frontiera con la Germania, è famoso per qualcosa di meno nobile: era lui alla guida della Corea che, con la gentile collaborazione dell’arbitro Moreno, eliminò l’Italia dal mondiale il 18 giugno 2002. [...] Hiddink non infierì sugli italiani, ma qualcosa disse: ”Non vi capirò mai, vi lamentate sempre”. [...] La corsa terminò in semifinale, ma il 4˚ posto ha consegnato Hiddink alla storia della Corea del Sud: cittadino onorario di Seul, insignito del ”Cheongryong”, il Dragone Blu, una specie di gran cavalierato» (Stefano Boldrini, ”La Gazzetta dello Sport” 26/2/2004). «Un conduttore radiofonico ha proposto di emendare la costituzione per consentire l’elezione a presidente di uno straniero: lui. Un prete di Daegu, che ha celebrato una messa propiziatoria invocando l’aiuto di Dio alla vigilia della partita con la Polonia, ne ha dedicata una di ringraziamento non all’Onnipotente, ma a Hiddink. Le candidate a Miss Corea lo hanno votato ”marito ideale”. Intendiamoci: questa è gente che i sentimenti non li sventola come una bandiera. […] La storia d’amore tra lo zingaro felice e la Corea cominciò alle 17 e 30 del 14 dicembre 2000, quando il volo KLM 865 atterrò all’aeroporto internazionale di Seul. C’era una torma di giornalisti ad aspettare il futuro ct della nazionale, succeduto al povero Huh Jung Moo, che in coreano calcistico significa ”una sconfitta dopo l’altra”. Gli chiesero: ”Che cosa sa della Corea?”. Rispose: ”Ho letto qualche ritaglio durante il viaggio”. Non so se avesse preso nota della dichiarazione di un poeta straniero, venuto a visitare il Paese negli Anni Cinquanta, che all’eterna domanda: ”Che ci fa qui?”, rispose: ”Avevo fame di tristezza”. Lui assomigliava più a quello che scalò l´Everest perché era lì. Era venuto perché l’avevano chiamato: come referenza aveva il fatto di avere schiantato la Corea del Sud ai Mondiali del ”98, battendola per 5 a 0 con la sua Olanda. In Cina seguono l’arte della guerra di Sun Tzu, in Giappone le lezioni spirituali per giovani samurai di Mishima, qui applicano il proverbio ”Se non puoi battere il tuo nemico, compralo”. Gli fecero un contratto con scadenza alla fine dei Mondiali e un bonus in caso di superamento del turno. La cifra varia, secondo le fonti, da 85.394 a un milione di euro. Più, questo è certo, le chiavi di una Hiunday EF Sonatas, che già gli tintinnano in tasca. Non sembrò così facile quando gli diedero quelle della squadra. Guardò il primo allenamento e disse: ”Sembrano galline nell’aia, vanno da tutte le parti senza un perché”. La stampa e il pollame non la presero bene: molti amori del resto cominciano contropelo. Lo zingaro, nonostante un passato di calciatore nei Diplomats di Washington non ha un gran talento per le relazioni interpersonali. […] Da giocatore non vinse nulla, in una carriera cominciata in Olanda e terminata in quel cimitero di elefanti che era il primo calcio americano. Da allenatore, vinse quattro campionati con il PSV dove applicò con Romario la tattica: ”Fai quel che ti viene”. Poi cominciò a vagabondare: Fenerbahce in Turchia, Valencia in Spagna. Gli schizzinosi giornalisti spagnoli se ne innamorarono perché faceva la siesta e li portava a pranzo e a cena. ”Dimostra che non tutti gli olandesi sono maleducati”, scrisse uno, ancora con il tovagliolo al collo. La cosa migliore di quei due anni la fece mandando a ritirare dagli spalti una bandiera nazista che la polizia e la dirigenza guardava senza reagire. Difficile pertanto credere a Davids quando, spedito a casa dagli Europei ”96 da Hiddink diventato ct olandese, disse: ”L’ha fatto perché ce l’ha coi neri”. Il miglior risultato nei 4 anni su quella panchina fu il quarto posto ai Mondiali di Francia. Eliminato dal Brasile in semifinale. Finiti i mondiali passò al Real Madrid: una stagione appena, poi il Betis Siviglia. Lo salvò la chiamata da Seul. Parla olandese, inglese, tedesco e spagnolo. Ha vissuto in Olanda, Stati Uniti, Turchia, Spagna e ora Corea. […] Si tagliò i baffi per scommessa dopo aver vinto la Coppa Intercontinentale» (Gabriele Romagnoli, ”la Repubblica” 6/6/2002).