17 giugno 2002
LODETTI Giovanni
LODETTI Giovanni. Nato a Caselle Lurani (Milano) il 10 agosto 1942. Calciatore. Con il Milan ha vinto gli scudetti 1961/62 e 1967/68, le coppe dei Campioni 1962/63 e 1968/69, la coppa Intercontinentale 1969, la coppa delle Coppe 1967/68, la coppa Italia 1966/67. Con la nazionale vanta 17 presenze e 2 gol, campione d’Europa nel 1968. «’Indomito cursore e cacciatore di palloni” - così l’eccellente numero speciale dell’’Europeo” dedicato al calcio - esordì in Nazionale nel 1964. Nel 1970 fu convocato per i Mondiali del Messico (quelli famosi di Italia-Germania 4-3, persi in finale col Brasile). Era in Messico con gli altri, quando Valcareggi, l’allenatore, e Mandelli, che era il capo della spedizione, lo convocarono e gli comunicarono bruscamente che poteva tornarsene a casa. Mandelli era noto pressoché solo per i suoi modi militareschi. Era ostile a Rivera e fautore di Mazzola, e Lodetti era amico di Rivera e suo compagno nel Milan. Lodetti, che era interno destro, e persona seria, non prese neanche in considerazione l’offerta di restare in vacanza al Messico, famiglia compresa, e di prendere lo stesso i soldi dei premi partita, mandò i boss a quel paese, e tornò in Italia. Dove la sua carriera rotolò precipitosamente. Il Milan lo vendette alla Sampdoria. A carriera finita, succede la storia che mi è tanto piaciuta. Ha lasciato il calcio, e benché sua moglie gli raccomandi di fare una vita tranquilla, si tiene più o meno in forma andando a correre al parco Trenno. Un giorno, mentre corre in tondo, una partitella di ragazzi attira il suo sguardo - la coda dell’occhio dei campioni resta attaccata a un pallone. Si accorge subito che una delle due squadre è in inferiorità numerica di uno. Continua a correre, ma gli è venuto un pensiero. Ripassa da lì, si ferma, e propone alla squadra cui manca uno di lasciarlo giocare. Lo guardano un po’ stupiti, un po’ imbarazzati. ”Ma non vede che siamo giovani? Che giochiamo fra di noi?”. Ci rimane un po’ male, si scusa, saluta, e si rimette a correre. Dopo un po’ ci ripensa, fa dietrofront e torna al campetto. ”Va bene, ma che vi costa? A voi manca uno, io mi sgranchisco un po’”. Per giunta, stanno anche perdendo 4 a 1. I ragazzi sono sempre più seccati, però uno, più autorevole, dice: ”Ma sì, entra, vai”. E lui entra. La partita va avanti, si arriva al 4 a 3, poi al 4 a 4, e finisce. Strada facendo l’hanno guardato e si sono guardati con un’aria interrogativa. Alla fine gli vanno intorno, amici e avversari. ”Ma tu dove hai giocato?” Nella squadra della ditta, dice lui, anzi in questo periodo mi devo allenare un po’. ”E come ti chiami?” Lui aveva indosso una giacca a vento con su davvero il nome di una ditta: Ceramica. ”Mi chiamo Ceramica”, dice. A quei tempi non è che si vedesse tanta televisione come ora, le facce dei calciatori si vedevano sulle figurine, e poco più. Insomma, con qualche perplessità, qualche curiosità, si mettono d’accordo di ritrovarsi per la partita prossima. E da allora diventa titolare fisso nella squadretta. Per anni, puntuale. Un pilastro del loro centro campo. Passa Ceramica, tira Ceramica, ciao Ceramica. Finché un giorno capita lì in bicicletta un vecchio amico e tifoso di Lodetti. Lo vede, guarda bene, lo apostrofa: ”Ehi, Giovanni, ma che fai qui?”. Così, finita anche la carriera di Ceramica. Lo svelatore chiama i ragazzi, e gli dice: ma voi non sapete che questo ha giocato nel Milan, nella Nazionale, ha vinto un campionato d’Europa, e così e cosà. Lui, per anni, aveva tenuto il segreto: un segreto da interno destro. Racconta la storia con una gran sobrietà, un pezzetto alla volta. Meno male che è riuscito a finirla, benché la conduttrice, che ha il merito di avergliela fatta raccontare, tirasse a sbrigarsi, perché le conduttrici hanno i tempi corti. Un ingrediente essenziale della storia è l’aspetto di Lodetti: un signore piuttosto calvo, con una faccia perbene, assomiglia un po’ a quel bravo prete che assiste i detenuti di San Vittore, e quando lo chiamano in televisione non riesce mai a finire le loro storie perché i conduttori hanno i tempi corti. Se uno incontrasse Giovanni Lodetti penserebbe che è una persona di piena fiducia, e che deve aver fatto una vita sedentaria. Perché mi è piaciuta tanto la storia? Intanto, perché è bello vedere dei calciatori, e addirittura dei campioni, che giocavano perché gli piaceva. Poi per quella ragione profonda: che le storie più belle sono quelle dei misconoscimenti e dei riconoscimenti. Lodetti in veste di Ceramica alle partite nel campetto dei giardini pubblici è una gran storia. Lo vorrei sentir raccontare dai suoi compagni di squadra, il momento dell’agnizione. ”C’era qualcosa di strano, in quel Ceramica”. Poi c’è una ragione specifica. Lodetti ha la mia età. Però sua moglie, ha detto, gli ha proibito da un po’ di tempo di giocare: non sei più un giovanotto. Sapete che cosa mi piacerebbe? Che Giovanni Ceramica, alias Lodetti (qui è pieno di alias), si facesse dare un permesso, e venisse a trovarci. Così, un paio di passaggi, un tiro in porta, un autografo. troppo tardi?» (Adriano Sofri, ”la Repubblica” 12/6/2002).