Varie, 17 giugno 2002
SAVOLDELLI
SAVOLDELLI Paolo Clusone (Bergamo) 7 maggio 1973. Ex ciclista. Vinse il Giro d’Italia nel 2002 e nel 2005, secondo nel 1999 • «[...] ”Non so fare dei numeri, non riesco a staccare tutti gli avversari e non sono un campione. O forse lo sono, ma solo in discesa”. quello il suo marchio di fabbrica, per il quale è soprannominato ”Falco”. Sognava di correre in bici fin da piccolo e cominciò a pedalare già a 8 anni. Dopo una breve parentesi con la mountain bike, passò professionista nel ”96, sfiorando il successo al Giro nel ”99: finì secondo dietro a Gotti dopo la triste esclusione di Marco Pantani per ematocrito alto. In quell’occasione, Savoldelli rimase in corsa per un soffio (valore di ematocrito 49,9%, un decimo meno del massimo consentito) e la stagione successiva fu coinvolto in una delle tante inchieste antidoping, quella che puntò il dito contro il dottor Michele Ferrari, condannato [...] per frode sportiva ed esercizio abusivo della professione di farmacista. Proprio il medico ferrarese, ex allievo del professor Conconi e preparatore-consigliere di Lance Armstrong, aveva seguito fino ad allora anche Savoldelli. ”Chi possiede un’azienda ha spesso problemi di fisco, chi gestisce una macelleria a volte deve fare i conti con i Nas, noi corridori siamo nel mirino dei giudici” commentò il ciclista bergamasco, che tuttavia - va sottolineato - nella sua carriera non è mai stato condannato nè sospeso per uso di sostanze vietate. Arrivò quindi il trionfo rosa del 2002 [...] era stato agevolato dalle squalifiche in corsa di Garzelli, Simoni (entrambi per positività a sostanze vietate) e Casagrande (espulso per danneggiamento a un avversario), nel 2005 ha sfruttato le défaillance di Cunego, Basso e il ritiro di Garzelli, più accreditati di lui alla vigilia, smorzando infine le velleità di Simoni e Rujano. Ma tra i suoi due exploit rosa, Savoldelli ha vissuto una serie di disavventure che ne hanno messo in dubbio la carriera e persino l’integrità fisica. ”Ho rischiato di morire”. Tenerife, nella Canarie, 15 febbraio 2003: il corridore bergamasco si sta allenando quando un motociclista in contromano lo centra colpendolo con il casco in pieno viso. Paolo crolla al suolo con fratture al volto, a un braccio, alle vertebre cervicali e a una mano. Sua moglie Simonetta in ospedale non lo riconosce e lo stesso succede a un amico che lo incontra casualmente due mesi dopo. Savoldelli cerca di ricominciare, risale in bici ma un anno più tardi, il 13 aprile 2004 a Colonia, in Germania, durante una gara di secondo piano incappa in un altro pauroso incidente: colpito alla testa dalla bicicletta di un altro corridore schiantatosi contro uno spartitraffico. La diagnosi è di nuovo seria: trauma cranico e frattura a un polso. Ancora una difficile ripresa, appena 35 giorni di corse in due anni, fino al 15 gennaio 2005, quando a Solvang, in California (Usa), durante un allenamento col nuovo team Discovery gli scoppia la gomma anteriore della bici: clavicola frantumata e poi ricomposta con quattro viti e una placca di titanio. ”Ho visitato gli ospedali di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti - ricorda con ironia Savoldelli -. I migliori sono quelli tedeschi, i più efficienti quelli americani”. Savoldelli sa dare il giusto peso alle cose perché conosce il dolore [...] ”Paolo è un uomo umile, gentile e caloroso” ha detto di lui Armstrong. [...]» (Giorgio Viberti, ”La Stampa” 30/5/2005). «’Senza eccellere in nessuna specialità, ma completo in tutto” come spiega ancora Cipollini, questo falchetto ha vinto un Giro del Trentino, un Trofeo Laigueglia. Nel 1999 finì tra i destinatari di un avviso di garanzia per presunto doping: il tutto poi sfumò senza danni, ma l’anno seguente tornarono i nuvoloni. Al prologo del Giro sbagliò una curva e perse la maglia rosa per 59 millesimi di secondo. Il giorno dopo, ecco che imbrocca con la ruota in una borraccia, picchia per terra, e salta le gare per due anni filati. Qualcuno lo dava già per finito, qualcun altro diceva che era immaturo, che non si allenava abbastanza. Insomma, che il Falco era in realtà un piccione. Sbagliato, sbagliatissimo» (Luigi Offeddu, ”Corriere della Sera” 3/6/2002). «Nel 1999 si trovò leader della classifica prima della penultima tappa - dopo l’esclusione dalla corsa di Marco Pantani per ematocrito alto - ma fu poi superato in extremis da Ivan Gotti. Parve comunque un altro passo avanti per un corridore che aveva già conquistato Giro del Trentino, Trofeo Matteotti e Trofeo Laigueglia, ai quali si sarebbero poi aggiunti due Giri di Romandia. Invece la sua ascesa si interruppe nel Giro d’Italia del 2000: ”Pensai di essermi rotto la schiena” ricorda. Per fortuna non fu così, ma quella botta fece saltare gli equilibri del suo possente fisico da mezzofondista. ”Non riuscivo più a stare in sella, a spingere bene sui pedali”. Ci volle più di un anno perché un osteopata di Parma riuscisse a raddrizzarlo. Ora ci scherza su: ”Mi fece sdraiare e indossò due guanti in lattice. Temetti il peggio, invece mi mise le mani in bocca e cominciò a tendermi e stirarmi”. Fu come rinascere, anche se nel frattempo il rapporto con la Saeco si era incrinato. Temette persino di trovarsi disoccupato, anche perché un’iniziale offerta della Us Postal di Lance Armstrong non fu poi realizzata per problemi di sponsor, malgrado il fuoriclasse americano volesse fortemente il corridore bergamasco. ”Mia madre mi chiedeva se valeva ancora la pena fare tanta fatica e io stesso pensai al ritiro”. Ma si fece avanti l’Index Alexia, un buon team ma non certo una corazzata tipo Saeco, Mapei, Fassa Bortolo. ”Accettai di guadagnare molto meno, l’importante era ricominciare. Io non sono come Indurain o Armstrong, campioni che nascono ogni 15-20 anni. Non sono un duro, a me deve andare tutto bene per poter vincere”. […] Re del Giro senza vincere una tappa, come illustri predecessori quali Balmamion, Nencini, Pambianco, Gimondi. Exploit inatteso, seppur meritato. Come è stato possibile? ”In bici bisogna superare il limite della sofferenza”. Ma possibilmente non altri limiti, come invece sembrano aver fatto Garzelli, Simoni e Casagrande, tutti espulsi - per motivi diversi. Eppure anche lui [...] era stato accusato di ”doping ematico” e deferito alla Disciplinare della Federciclismo. Il quel periodo era seguito dal dottor Michele Ferrari, finito poi sotto processo con il sospetto di aver alterato le prestazioni di numerosi atleti. ”Mi sembrava una brava persona, ma da allora non frequento più né lui nè altri preparatori”. Ci si chiede se il Giro 2002 sarà ricordato per Savoldelli o per certe vicende extrasportive. ”Non mi importa. Del resto è normale che il doping si insinui dove ci sono tanti interessi. Io però trovo stupido rovinarsi la salute in quel modo”. Si sa, la fama, i soldi...» (Giorgio Viberti, ”La Stampa” 3/6/2002).