Varie, 17 giugno 2002
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Tomasson Jon
• Dahl Roskilde (Danimarca) 29 agosto 1976. Calciatore. Del Villareal. Col Milan ha vinto la Champions League del 2003 e lo scudetto del 2004. Nel 2001/2002 ha vinto la coppa Uefa con la maglia del Feyenord (un gol nella finale vinta 3-2 a Rotterdam contro il Borussia Dortmund) • «Si mise in mostra a diciannove anni nell’Heerenven, con trentadue gol in un paio di campionati in Olanda. Poi non gli andò bene in Inghilterra, al Newcastle, ed è stata un’ottima idea rientrare nella nazione che l’aveva visto esplodere. Stavolta l’ha acquistato il Feyenoord, che con lui al centro dell’attacco è riuscito di nuovo a vincere il campionato e la Coppa d’Olanda, prima della Coppa Uefa. ”Forse non è ancora un fuoriclasse, ma gli manca poco per diventarlo” dice Helveg, calciatore danese già al Milan» (Maurizio Crosetti, ”la Repubblica” 2/6/2002). «Non è un cigno, non ha la potenza elegante di Shevchenko o la rapidità rabbiosa di Inzaghi, ma funziona. Jon Dahl Tomasson difficilmente lascia passare una partita senza mettere il suo timbro sulla porta degli avversari [...] Tatticamente intelligente, ma anche molto efficace, Tomasson non ha perso, venendo in Italia e adattandosi alla panchina, la consuetudine del gol che lo aveva fatto notare da mezza Europa quando stava al Feyenoord. Da quando il Milan lo ha preso a parametro zero, l’attaccante della nazionale danese non ha mai o quasi mai tradito le aspettative; basta vedere la sua media gol, inferiore a quella del formidabile Shevchenko [...] ma ottima se si considera le difficoltà sempre incontrate da uno che gioca poco[...]» (Alessandra Bocci, ”La Gazzetta dello Sport” 24/1/2004). «Detto ”l’assassino biondo” [...] non è mai bello a vedersi né ha particolari qualità tecniche, tuttavia il suo senso della posizione lo rende capace di entrare nel secondo tempo e buttarla dentro a tutti i costi - possibilmente di carambola a trenta centimetri dalla porta su respinta moscia del portiere. In omaggio al fatto che (purtroppo...) nel calcio non c’è spettacolo più grande del gol, leggo di lui che ”sparisce dal radar della difesa per riapparire a sorpresa smarcato e dove non se lo aspetta nessuno”. Nell’immaginifico gergo covercianese, inoltre, Tomasson è uno che crea lo spazio. [...] La verità è che Tomasson non si è mai considerato una punta vera, semmai una seconda punta o addirittura un centrocampista avanzato. Anzi, rischiò di buttare alle ortiche prematuramente la sua fin qui non disprezzabile carriera quando l’allenatore del Newcastle lo fece esordire nel calcio che conta al vertice dell’attacco del club inglese. Assente il titolare Shearer e con Asprilla in appoggio, Tomasson in venti partite sbagliò più gol fatti che altro, finchè ogni volta che lo speaker annunciava la formazione, al suo nome lo stadio prompeva in un sospiro di sconforto. Ma aveva solo vent’anni e non si perse d’animo. Tornato in Olanda ha continuato a sbagliare parecchi gol, ma almeno è riuscito a segnare quei pochi che veramente contavano. Con un suo gol determinante, il Feyenoord ha vinto la Coppa Uefa in finale contro il Borussia. Ai Mondiali, Tomasson ha segnato ben 4 gol in mondovisione. Il Milan, a sua volta, gli deve alcune reti fondamentali, come quella del 3-2 all’Ajax nell’ultimissimo secondo di gioco, che consentì ai rossoneri l’ingresso in semifinale di Champions League. Da riserva alle prese con le grottesche girandole del moderno turn over, Tomasson non si è mai lamentato di nulla e questo gli è già valso il titolo di incedibile. Imbevuto di etica del lavoro e del sacrificio collettivo, è addirittura arrivato a dichiarare che nei lunghi minuti passati in panchina lui ”studia gli avversari” perché ”è importante stare pronti, quando si è chiamati”. In realtà parla pochissimo l’italiano e questo potrebbe essere il vero motivo dei suoi lunghi silenzi e delle sue dichiarazioni più minimali di un mobiletto svedese. Solo una volta, sul Corsera apparve una sua dichiarazione secondo la quale il fatto che lui non giocava era frutto di una ”scelta politica”: la cosa venne prontamente smentita e insabbiata, ma la pulce nell’orecchio ci è rimasta. Insomma, chi è veramente Tomasson, e dove va quando sparisce dal radar dei difensori avversari?» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 25/2/2004).