G. M. P., Macchina del Tempo, n.6 giugno 2002, pag.53, 6 giugno 2002
Il mistero dell’amigdala. Prima l’uomo ha sviluppato la manualità e poi la parola. La conferma arriverebbe da uno studio condotto dall’antropologo Alberto Salza sull’amigdala
Il mistero dell’amigdala. Prima l’uomo ha sviluppato la manualità e poi la parola. La conferma arriverebbe da uno studio condotto dall’antropologo Alberto Salza sull’amigdala. Un tempo si pensava che gli antichi lavorassero questa pietra per renderla adatta a tagliare e macellare. Salza, invece, dice che questo oggetto non ha uso pratico: taglia infatti da ogni lato e se lo si tiene in mano ci si ferisce. L’incongruenza sposta l’attenzione su ragioni diverse e più sottili della semplice utilità. Per ottenere l’amigdala, l’artefice deve compiere una serie ordinata di gesti, eseguire azioni non guidate dal meccanismo della prova e dell’errore: è insomma un ”preadattamento cognitivo” alle sequenze ordinate di parole che formano la frase. Tra la scheggiatura delle pietre e la nascita del linguaggio ci sarebbe dunque una relazione. L’Homo ergaster costruiva tali oggetti due milioni di anni fa ed era anatomicamente incapace di parlare, almeno come intendiamo noi. Eppure risulta che avesse già sviluppato l’area di Broca, zona cerebrale deputata al linguaggio. La ragione potrebbe essere che l’attività manuale ha inciso retroattivamente sulla struttura del cervello, ha cioè creato nel cervello un’architettura di sequenze che prelude al linguaggio.