varie, 28 agosto 2002
Tags : Franco Chioccioli
CHIOCCIOLI Franco. Nato a Castelfranco di Sopra (Arezzo) il 25 agosto 1959. Ciclista. Ha vinto il Giro d’Italia 1991 aggiudicandosi anche tre tappe; nono nel 1985 (primo Hinault) con una vittoria di tappa; sesto nel 1986 (Visentini), una tappa; quattordicesimo nel 1987 (Roche); ritirato nel 1988 (Hampsten) ma dopo aver vinto una tappa ed aver indossato per due giorni la maglia rosa; quinto nel 1989 (Fignon); sesto nel 1990 (Bugno); terzo nel 1992 (Indurain), con tappa
CHIOCCIOLI Franco. Nato a Castelfranco di Sopra (Arezzo) il 25 agosto 1959. Ciclista. Ha vinto il Giro d’Italia 1991 aggiudicandosi anche tre tappe; nono nel 1985 (primo Hinault) con una vittoria di tappa; sesto nel 1986 (Visentini), una tappa; quattordicesimo nel 1987 (Roche); ritirato nel 1988 (Hampsten) ma dopo aver vinto una tappa ed aver indossato per due giorni la maglia rosa; quinto nel 1989 (Fignon); sesto nel 1990 (Bugno); terzo nel 1992 (Indurain), con tappa. Ha vinto una tappa al Toru de France del 1992. Per la somiglianza fisica, ma anche per lo stile in bicicletta, è stato paragonato a Fausto Coppi (ma lui sempre storto il naso di fronte al soprannome di «Coppino»). «[...] Lo chiamavano e forse continueranno a chiamarlo il coppino, non già per il gesto atletico o per il libro d’oro (o record) o per lo stile inimitabile che Fausto si è portato via con sé ma per il profilo a coltello e per un certo atteggiamento, come dire, dolente, che il Coppi assumeva non appena sceso di sella. [...] Chioccioli sapeva e sa di non poter essere stato Coppi. [...]» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 13/6/1991). «’[...] ricordo che un Giro nell’88 mi andò male solo perché non riuscii a dormire per tutto il tempo della corsa; anzi, quell’anno non dormii per ben tre mesi. Ero stanco, stressato, nervoso, non so....” [...] Da gregario (sia pur di lusso) ad autoritario capitano. Ho imparato da Saronni a gestire la squadra. Prudente, attento a non contrariare nessuno, Chioccioli è l’antitesi del Chiappucci tutti fuochi d’artificio. [...] ”[...] ho sempre avuto un carattere debole. Se una cosa mi va male mi butto giù. Come quella volta sul Gavia, nel Giro ’88 destinato allo statunitense Hampsten. Sul Gavia persi sei minuti e la maglia rosa; ma quello che più mi avvilì fu la consapevolezza che non si volesse far vincere un italiano. Perché, altrimenti, cancellare la tappa dello Stelvio, nella quale forse mi sarei potuto rifare? [...] Nel mondiale dell’89 caddi a tre giri dall’arrivo e quella era la fuga buona, che andò al traguardo. [...]” [...]» (’la Repubblica” 16/6/1991). «L’ex ciclista che si vorrebbe in dialisi e spacciato, rovinato dal doping e dalle porcherie del ciclismo, ”e che invece sta benissimo”. [...] Dal 1990 al 2001, il Giro d’Italia ha avuto dieci vincitori diversi. Lui, che ha querelato i diffamatori, vincendo sempre in tribunale, è l’unico che non è mai stato coinvolto in casi di doping, nonostante le bufere che hanno devastato un decennio nero per le due ruote» (Flavio Vanetti, ”Corriere della Sera” 5/7/2002).