varie, 9 settembre 2002
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AUDISIO DI SOMMA Federico Torino 14 matzo 1955. Scrittore. «L’uomo che sconfisse John Le Carré è un medico torinese di quarantasette anni che ha, da sempre, coltivato il sogno di diventare ”uno scrittore vero”
AUDISIO DI SOMMA Federico Torino 14 matzo 1955. Scrittore. «L’uomo che sconfisse John Le Carré è un medico torinese di quarantasette anni che ha, da sempre, coltivato il sogno di diventare ”uno scrittore vero”. Eppure, nonostante la vittoria al Bancarella 2002 (dove ha battuto Le Carré con il suo romanzo d’esordio, L’uomo che curava con i fiori edito da Piemme), non sembra essere ancora intenzionato a cambiare abitudini. Tanto che, persino in un caldo e assolato lunedì di fine luglio, continua a restare al lavoro nel suo studio di omeopata. Come al solito diviso tra le essenze di plumbago o di violetta e i fantasmi di tutti i ”medici scrittori” che lo hanno preceduto. A cominciare da Bulgakov. La sua è la storia (nemmeno tanto originale) di un bambino che amava scrivere, di uno studente del liceo classico che ”andava costantemente fuori tema”, di un laureato in medicina (specializzato in medicina del lavoro) ”per far piacere alla famiglia”. Mentre la sua vita assomiglia a ”un palazzo con tante stanze dove medicina e scrittura ne riempiono soltanto due”. E nelle altre? ”Nascondo i miei amori: dalla fotografia al cinema alla biologia”. Anche la sua scoperta della floriterapia (quella medicina ”non convenzionale” che cura le malattie con fiori e piante officinali portata al successo da Edward Bach) deriva da un’ennesima passione, potremmo dire di famiglia: ”Quando andavo a passeggiare con mio padre, lui mi descriveva ogni pianta e di ogni pianta sapeva citarmi il nome in latino”. Forse stanco della medicina ufficiale, rinnova così questa passione, abbandonando il ”posto fisso” dell’Ospedale delle Molinette per aprire uno studio di omeopata a Torino. Continuando sempre a scrivere (romanzi, racconti e persino drammi teatrali, comunque mai pubblicati). Fino a quel fatidico 1997: quando incontra un’editor che crede in lui. Si chiama Elena De Angeli (’una tipa tosta, dura e pura, che è stata editor anche di Pasolini”). Proprio la De Angeli, qualche anno più tardi, avrebbe definito L’uomo che curava con i fiori ”una grande storia raccontata con sontuosa generosità”. Sarà lei a mettere il medico che voleva essere scrittore davanti all’ennesimo aut-aut: ”la sua scrittura non è una scrittura da weekend, decida lei che cosa vuol fare da grande”. La scelta è ovvia: scrivere. Magari per otto ore al giorno, magari per migliaia e migliaia di pagine. L’uomo che curava i fiori , ispirato alla biografia di Edward Bach (’il ’grumo’ intorno a cui ho creato la perla”), nasce tra il settembre 1997 e il gennaio 1998. Ed è un romanzo che vuole essere un viaggio immaginario all’ideale ricerca del dottor Cesare Fenoglio, medico che aveva scelto di abbandonare la professione per dedicarsi allo studio di fiori. Un viaggio (che si snoda tra il 1912 e il 1963) compiuto tra le colline di Torino e la Val di Susa da tre personaggi (’un medico, un docente di storia dell’arte, un assicuratore con i modi del playboy”). Dove la medicina diventa il pretesto per raccontare non soltanto storie ma anche modi e mode. Dopo tre anni di revisione, il libro finalmente esce. Quindicimila le copie vendute fino alla vittoria del Bancarella. ”Perche ho vinto? Perché i librai sono persone sensibili e hanno capito che non sono un intellettuale spocchioso”. I suoi personaggi? ”Nascono in un ’frullatore’ dove assemblo tanti piccoli particolari di persone che ho incontrato ma non sono mai personaggi completamente autobiografici”. Come definirebbe il suo romanzo? ”Un romanzo con lo stesso gusto per la descrizione della pittura fiamminga. O, meglio ancora, una specie di 2001 Odissea nello spazio con i piedi a bagnomaria nell’Ottocento”. Lascerà la medicina? ”No, perché i miei pazienti, con le loro storie e con i loro acciacchi, sono la mia prima fonte di ispirazione”» (Stefano Bucci, ”Corriere della Sera” 23/7/2002).