Varie, 11 settembre 2002
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BLEFARI MELAZZI Anna Cosenza il 24 novembre 1941. Ambasciatrice d’Italia in Romania • «Rappresentare l’Italia in Romania è un compito di grande complessità
BLEFARI MELAZZI Anna Cosenza il 24 novembre 1941. Ambasciatrice d’Italia in Romania • «Rappresentare l’Italia in Romania è un compito di grande complessità. Dopo la conclusione del Partnerariato Strategico nel 1997, le relazioni bilaterali hanno avuto un’intensificazione straordinaria. Si è sviluppata, più in particolare, fra i due Paesi un’intensa collaborazione nei settori politico, economico, culturale, socio-sanitario, giudiziario, della difesa, delle politiche migratorie e dell’assistenza all’infanzia abbandonata. Significa per un ambasciatore svolgere numerosi compiti, molto diversi fra di loro [...] Uno dei risultati che più mi inorgoglisce è il raddoppio dell’interscambio commerciale, passato dai 3,4 miliardi di dollari del 1997 ai 6 miliardi del 2001. Ho anche assistito negli ultimi 4 anni al raddoppio della presenza imprenditoriale italiana in Romania, passata da 6500 a 11 mila aziende. Nell’area del Nord-Est della Romania e soprattutto nel distretto di Timisoara gli imprenditori italiani hanno saputo creare un vero e proprio distretto industriale di 2 mila aziende che suscita l’interesse e l’ammirazione delle organizzazioni economiche internazionali (Banca Europea di Ricerca e Sviluppo e Banca Mondiale) e della stessa Unione Europea [...] Personalmente non ho mai incontrato difficoltà a causa della mia condizione femminile. Anzi, sono sempre stata ben accolta dalle autorità, dalle organizzazioni internazionali, dai colleghi stranieri e dalla stampa. Pensi che la stampa romena mi attribuito nel 2001 due premi quale migliore ambasciatore economico in Romania [...] Cosa mi ha spinto a diventare diplomatico? La novità di una carriera che da soli due anni era stata aperta alle donne, la mia passione per le relazioni internazionali, il gusto di viaggiare e vivere esperienze all’estero. Ha influito anche una consolidata tradizione di famiglia in campo diplomatico. Ho lavorato in quattro Paesi: in Canada, primo segretario commerciale; a Bruxelles alla nostra rappresentanza presso l’Unione Europea; a Washington dove ho trascorso sette anni e mezzo di cui sette a capo dell’ufficio economico e commerciale. Dal gennaio 2002 sono anche ambasciatore non residente nella Repubblica Moldova [...] E’ una carriera difficile e impegnativa per tutti i funzionari, uomini e donne. Richiede grande dedizione al servizio, cui bisogna sacrificare vita personale e familiare. Ne risente la famiglia, con cambiamenti di stili di vita e spesso sradicamento del nucleo familiare. Tutto questo è molto risentito dai figli dei diplomatici [...] I figli dei diplomatici hanno un vantaggio rispetto ai ragazzi cresciuti sempre nello stesso ambiente: conoscono le lingue straniere e gli eventuali futuri trasferimenti all’estero per lavoro non dovrebbero comportare difficoltà per loro. Bisogna ammettere che i nostri figli risentono della mancanza di radici, ed è quest’ultima una carenza affettiva e culturale che portano con sé per il resto della vita. Non è sempre possibile per loro compiere l’intero ciclo di studi presso scuole italiane» (Alain Elkann, ”La Stampa” 4/8/2002).