Varie, 11 settembre 2002
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HABERMAS Jürgen Düsseldorf (Germania) 18 giugno 1929. Filosofo. Insegna sociologia e filosofia a Francoforte • «[
HABERMAS Jürgen Düsseldorf (Germania) 18 giugno 1929. Filosofo. Insegna sociologia e filosofia a Francoforte • «[...] Il maggior filosofo tedesco vivente [...] già assistente di Theodor Adorno, Habermas incarna la seconda generazione della celebre scuola di Francoforte, quella che si distingue dagli antichi maestri per il rifiuto del pessimismo e la volontà di iscrivere nella realtà effettuale il rinnovamento della democrazia. Il suo nome, nella recente storia della Germania, è legato alla battaglia condotta contro il revisionismo degli storici conservatori, guidati da Ernst Nolte, che rileggono il nazismo come una sorta di risposta difensiva al comunismo, e al dibattito sull’identità tedesca e sul ruolo della Costituzione, seguito alla caduta del Muro di Berlino. Ad Habermas si deve la definizione di ”patriottismo costituzionale”, ormai entrata nel vocabolario politico condiviso della Repubblica Federale. [...]» (Paolo Valentino, ”Corriere della Sera” 5/5/2005). «L’ultimo degli intellettuali socialdemocratici di sinistra che goda di un credito internazionale indiscutibile» (Antonio Gnoli). «[...] ”il più puro dei laici” [...]» (Vanna Vannuccini, ”la Repubblica” 15/1/2005). «[...] Quando ero studente, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, conobbi Sartre il drammaturgo. Era prima che finissi il liceo (1949). Fu allora che, per esempio, vidi la favolosa messa in scena di Le mosche, diretto da Gründgens, con Flickenschild nel ruolo principale. In Germania questo dramma stimolò profonde interpretazioni metafisiche. Ma furono le altre opere, per esempio La porta chiusa, a darci la possibilità, fin da allora, di fare la conoscenza del Sartre politico. A quel tempo, Sartre era veramente di moda: le sue idee, ma ancora di più, il pathos delle sue idee, erano praticamente onnipresenti. Da giovane studente, intorno al 1950, ho fatto la conoscenza di Sartre filosofo e de Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, che nei nostri limitati circoli accademici provocò accese discussioni. La mia interpretazione di L’essere e il nulla fu molto importante per la mia comprensione di Essere e tempo. Sartre ci aiutò a leggere il primo Heidegger – il solo Heidegger che conoscevamo all’epoca – come un’opera di filosofia trascendentale. Si poteva interpretare questo libro, seguendo Sartre, come una filosofia umanistica della libertà [...] Foucault criticava aspramente la percezione di Sartre di se stesso come di un intellettuale politico; ma, in retrospettiva, bisogna dire che i due vedevano un ruolo del tutto simile per gli intellettuali. Foucault giustamente accentuò la demistificazione dell´intellettuale; chiarì che oggi i filosofi e i letterati condividono questo ruolo con altri esperti che si fanno avanti nella sfera pubblica: sono tutti diventati ”intellettuali specifici” che nel tempo libero mettono in campo la loro esperienza professionale nei dibattiti pubblici. Quindi nessuno può considerarsi un portavoce privilegiato. In Germania, al contrario, abbiamo il problema di contrastare un’ostilità profondamente radicata nei confronti degli intellettuali; quindi, oggi, la triste eredità di una tradizione culturale conservatrice e pedante semplicemente si nasconde dietro al giustificabile scetticismo nei confronti di quel tipo di intellettuali faziosi che fanno affidamento sulle certezze della filosofia della storia [...] Durante i primi tre decenni del dopoguerra, gli orologi degli intellettuali giravano in direzioni diverse. In Germania, lo strutturalismo ebbe un’influenza tarda e relativamente minore. La fondamentale teoria sociale di Adorno era vista come un’alternativa all’antropologia fenomenologica e più tardi come un’alternativa al marxismo fenomenologico di Sartre. Di conseguenza, per noi il ritorno a Nietzsche e al più tardo Heidegger, che dalla metà degli anni Settanta è stato recepito come una critica radicale della ragione, si verifica in una costellazione diversa. Sotto questo aspetto, la Dialettica dell’illuminismo conteneva un nocciolo duro di pessimismo filosofico sul quale si poterono fondare le interpretazioni «post-moderne» – il che non permette a nessuno di assimilare Adorno a Heidegger e Derrida. Il lavoro di Sartre non si presta ad essere adattato alle tendenze decostruzioniste. Per questo discorso, rappresenta un avversario che non è facilmente assimilabile. I suoi scritti contengono idee che non solo non sono state sorpassate ma che guardano anche ad approcci storicisti e contestualisti che oggi sono tanto diffusi [...]» (Richard Wolin, ”la Repubblica” 28/10/2005).