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 2002  settembre 12 Giovedì calendario

Hamrin Kurt

• Stoccolma (Svezia) 19 novembre 1934. Ex calciatore. Con il Milan ha vinto lo scudetto 1967/68, la coppa delle Coppe dello stesso anno, la coppa dei Campioni 1968/69, l’Intercontinentale 1969, con la Fiorentina ha vinto la coppa delle Coppe 1960/61 e due coppe Italia (1960/61, 1965/66). «La Juventus lo preleva nel 1955 dall’Aik Stoccolma, dove si è segnalato al ragguardevole ritmo di 59 reti in 63 partite. Nel calcio svedese dell’epoca può accadere che un asso come lui continui a fare anche il mestiere di zincografo. Ma l’impatto con il campionato italiano è difficile. Umberto Agnelli la stagione successiva acquista la coppia Charles-Sivori» (Dizionario del calcio italiano, Baldini&Castoldi 2002). «Fu presto ceduto al Padova dove Rocco ne valorizzò il talento [...] Nel 1958 lo prese la Fiorentina. Per il suo fisico non proprio robusto, per il ”passettino” che mandava in confusione gli avversari e per l’agilità in area di rigore a Firenze fu soprannominato ”uccellino”. Con la maglia viola segnò 150 gol, benché all’inizio avesse un compito impossibile, quello di sostituire il brasiliano Julinho. [...] Ha il primato dei gol segnati in una sola partita in trasferta: 5 in Atalanta-Fiorentina 1-7 del 1964. il secondo cannoniere della Fiorentina, con un gol in meno di Batistuta» (A.Po, Enciclopedia dello Sport, Treccani 2002). «[...] Era un’ala destra elegante e micidiale. Aveva tiro e segnava con facilità. Aveva fantasia e visione di gioco. Era lieve e veloce, in campo volava: lo chiamano Uccellino. Era un grande opportunista: con dribbling stretti, scatti, guizzi e allunghi puntava sempre l’avversario cercando il tunnel o il rimpallo. [...] quinto figlio dell’imbianchino Karl ha cominciato come apprendista operaio. ”Lavoravo in un giornale, un grande giornale di Stoccolma, il ’Dagenvs Nyheter’. Ho preso anche un diploma, dopo quattro anni di corso. Facevo lo zincografo, cliché di fotografie. Mi piaceva l’odore del piombo e dell’inchiostro. Giocavo anche nell’Aik... Ma non c’era l’ingaggio. Cinquanta corone a partita, se vincevi e pareggiavi. Circa, credo, quindici euro. Zero in caso di sconfitta. Il mio lavoro nella tipografia del giornale era un buon lavoro”. La ”sfuggente” ala destra, scarpe numero 39, segna gol raffinati e va in nazionale. Giovanni Agnelli, di passaggio a Lisbona, assiste a Portogallo-Svezia 2-6. Il piccolo Hamrin è una delizia: dribbling stretto, scatto, allungo, corsa in punta di piedi e il corpo a candela. La Juve lo punta, lo segue e insegue. Arriva a Torino, lo prende l’allenatore Sandro Puppo. Pare, ricordano le cronache del tempo, senza eccessiva convinzione. Ma l’Avvocato aveva deciso... il 1956, la Juve è giovane e i suoi giocatori promettenti diventano i puppanti . Prima partita di Kurt a Roma contro la Lazio che ha in porta Bob Lovati. La Juve vince tre a zero, lo svedesino segna due gol, in azione e su rigore. Subito elogi e consensi: ”Gioco essenziale, rapidissimo, opportunismo incredibile, vero rapinatore d’area”. Grande partenza, gol anche a Torino la domenica successiva, gol a San Siro contro l’Inter, gol all’Udinese. Poi a Marassi con il Genoa ”si scheggia l’osso di un piede” e nella prima di ritorno, contro la Lazio, nuovo stop: frattura del piede sinistro. Cinque giornate fuori, nuovo rientro, nuovo infortunio. Caviglia di vetro, scrivono. [...] ”[...] La verità e che sono rientrato presto. stato un errore: poca pazienza, recupero troppo affrettato. Poi hanno detto che ero troppo fragile. [...]” [...]. Torino è solo la prima tappa. La Juve discute e critica il piccolo nazionale svedese, ma è orientata per la conferma. Piace agli Agnelli, ma il regolamento federale prevede solo due giocatori provenienti da federazioni straniere. E in quell’anno, il secondo di Hamrin, sono in arrivo due nuovi attaccanti dall’estero: John Charles, gallese, e Omar Sivori, argentino. Hamrin parte per Padova, la città del Santo e del Paròn. Nereo Rocco, criticano i critici del tempo, è ”specializzato in catenaccio e gerontologia. Inventa tattiche, dà fiato ai morti e coraggio ai vivi”. Il piccolo tipografo Kurt, ha soltanto una caviglia malandata, Rocco lo chiama nella sua famiglia, lo coccola, gli regala anche una bicicletta e poi, scrive Luigi Gianoli sulla ”Gazzetta”: ”gli soffia vento nelle ali”. Hamrin gioca nel Padova del catenaccio, fa coppia con Brighenti in attacco, segna venti gol in trenta partite. La Juve di Charles e Sivori vince lo scudetto, ma il Padova arriva terzo. ”Nereo è come un papà, un fratello maggiore. Sono stato molto bene in quella città, la ricordo con tanto affetto. [...] Il Paron non voleva che guidassimo la macchina. Diceva che i giocatori dovevano essere sempre in movimento. Camminare, camminare, rinforzare i muscoli. Quindi a piedi o al massimo in bicicletta, anche Blason e Scagnellato. A piedi dalla stazione allo stadio [...] E lo stadio non era dietro la stazione. A Padova era così, per lui ero un bocia , un ragazzo”. Poi Kurt cresce e vola via, a Firenze. Diventa l’Uccellino, perché è sempre lieve è svolazzante, fa i tunnel e arriva in porta e fa gol. Tanti, belli, leggeri. Kurt è imprevedibile e beffardo. un piccolo re. Le sue improvvise ispirazioni, le sue malizie, il palleggio fantasioso e la falsa fragilità, entusiasmano. Nove bellissimi anni, centocinquanta gol con la Viola in serie A. ”Poi Rocco mi ha chiamato a Milano, avevo trentatré anni. Quello era un grande Milan, un gruppo straordinario. Rocco era forte e allegro. Diceva: ’I miei veci mona’. Anche a me. Diceva: ’Ciò, mona de uno svedese, non fare i tunnel, fa gol’. Abbiamo vinto molto. Vero, era il Milan, ambiente sicuro. Ma noi vecchiotti eravamo bravi”. Nel 1969 l’uomo va sulla luna e l’Uccellino vince la coppa dei Campioni e vola dentro la storia rossonera. [...]» (Germano Bovolenta, ”La Gazzetta dello Sport” 8/5/2005).