Varie, 24 settembre 2002
Tags : Bill Viola
Viola Bill
• New York (Stati Uniti) 25 gennaio 1951. Artista. Videoartista • « stato definito ”l’uomo che dipinge con la videocamera”. E’ uno dei videoartisti più celebri al mondo, più volte presente alla Biennale di Venezia […] E’ di origini italiane (il nonno era di Pavia, emigrò negli Stati Uniti nel 1910) e proprio nel nostro paese ha mosso i primi passi sulla strada della video arte. […] ”Alla fine degli anni Sessanta il video rappresentava la nuova tecnologia, la cosa nuova, come è oggi internet. Era innovativo, eccitante. Agli artisti offriva la possibilità di creare delle immagini elettronicamente, immagini in movimento. Potevi prenderle e trasmetterle attraverso una televisione e presentarle, nella loro forma originale, anche fuori da un museo, fuori dal mondo dell’arte contemporanea. Avevo venticinque anni quando realizzai il mio primo video e fu trasmesso a New York da Canale 13. Fu per me un momento importantissimo, non solo a livello visuale ed estetico. Lo videro migliaia di persone, compresi la democraticità di questo mezzo […] Ci vuole un grande staff per un grande progetto. Ma alle volte lavoro in solitudine, all’aperto o nel mio studio, con una semplice, piccola, videocamera, simile a quelle che possiede la gente comune. Ci sono molte possibilità con il video, come con la scultura o la pittura. Personalmente non realizzo disegni preparatori. Le mie bozze sono nella parola scritta. Scrivo un diario in cui dialogo con me stesso: discuto dei miei problemi, annoto le mie idee, le nuove strade che voglio intraprendere […] Tra qualche decennio la video art sarà ricordata come il primo passo nel mondo elettronico. Sarà un periodo storico con il nuovo inizio e la sua fine”» (Paolo Vagheggi, ”la Repubblica” 21/5/2001). «Il primo artista contemporaneo a essere ospitato alla National Gallery, lascia stupiti con i video ispirati agli artisti rinascimentali, affascina con le tecnica che plastifica Pontormo, Mantegna, Bosch o Dürer, ma poi lascia sconcertati, quasi irritati per l’esasperante lentezza con cui si muovono i suoi tableaux. Per essere accolto nella casa dei maestri antichi, Viola dovrebbe essere un artista consacrato: invece (visto in Italia al padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 1995) sta solo oggi acquistando fama internazionale. Una fama meritata? I critici sono ipercritici, ma chi non legge gli articoli è attratto dai manifesti accattivanti: se l’arte moderna è più facile di quella classica, quella nuovissima è facilissima. Più che al museo, ci si sente in un ”cinema d’essai”. [...] Viola riproduce emozioni e, nelle lunghe didascalie che accompagnano le opere, si chiede: ”L’emozione può essere registrata? E’ palpabile, non solo dai presenti, ma anche dalla macchina che la registra?”. Domanda retorica: in uno dei video più famosi, cinque attori recitano ”i colori primari” dei sentimenti, cioè rabbia, paura, estasi e dolore. Pare un’istantanea, invece è un film lentissimo: chi ha la pazienza d’aspettare mutamenti impercettibili resta alla fine affascinato e si chiede a che cosa assistano di così sconvolgente quei volti: forse la crocifissione? Perché Viola è imbevuto di religione cattolica, contaminata da insegnamenti Zen e mistica sufica. In Emergence, ispirata a una Pietà di Masolino da Panicale, un uomo nudo, bianco come una statua, esce da un sarcofago pieno d’acqua ed è accolto da due Marie che lo coprono d’un telo. L’effetto è dubbio: un critico, Richard Dorment, sghignazza come davanti a ”un Salvatore alle terme, aiutato da due assistenti”. Se non piace, Viola fa infuriare. La questione, naturalmente, è se si possa far arte con un video (non con il cinema, che è altra cosa). Lui, Viola, dice di voler ”andare dentro le pitture... incarnarle, abitarle, sentirle respirare”, cioè ciò che si prova davanti a Giotto ad Assisi, dove gli affreschi ”sono tutt’intorno a te”. Facile a dirsi: ricreare quadri noti o riprodurne la patina (in questo caso, rinascimentale) è esercizio già tentato da pittori di gran scuola, con esiti dubbi. Ma Viola neppure dipinge e anzi è dubbio che la pittura gli interessi: davanti alla madre morente, in uno dei momenti di maggior patimento della sua vita [...] non sentì come tanti artisti il desiderio di fissare su carta, con la matita, il momento fatale. Prese una cinepresa e fece un film. Eppure c’è un’opera che piace a tutti o quasi. Si chiama The Crossing , la traversata, ed è un enorme schermo doppio, sui due lati d’una parete: da un lato un uomo avanza e scompare sotto un scroscio d’acqua, dall’altro avanza e svanisce nel fuoco. E’ l’unico video col sonoro, l’unico non al rallentatore: il pubblico resta a bocca aperta, non si chiede se sia arte. Ma se lo chiede il Times Literary Supplement , che sentenzia: ”Viola è tutt’altro che un artista moderno ma uno, intenzionalmente, reazionario”. Rincara Dorment: ”Questa è l’arte contemporanea che piace a chi non ama l’arte contemporanea”» (Alessio Altichieri, ”Corriere della Sera” 23/12/2003).