Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Obama ha malamente perso le elezioni di midterm, elezioni cioè di «mezzo termine» collocate tra un voto presidenziale e l’altro: non aveva la maggioranza alla Camera neanche prima e non ha più neanche la maggioranza al Senato. La Camera si rinnovava per intero (435 seggi), in Senato invece si rinfrescavano 36 seggi su 100. I repubblicani, dopo il voto, controllano alla Camera 233 seggi su 435 (maggioranza assoluta) e al Senato 53 seggi su 100 (idem).
• Come si fa a governare con il Parlamento tutto in mano al partito avversario? Da noi non sarebbe possibile.
Da noi c’è la regola della fiducia: il governo sta in piedi solo se la maggioranza in Parlamento approva, all’atto dell’insediamento, il suo programma. Negli Stati Uniti la fiducia non esiste e quando si determina una situazione come quella di ieri il Presidente e il partito avverso devono trovare una qualche intesa per procedere.
• Qual è il terreno su cui il presidente deve avere consé deputati e senatori?
È necessaria l’approvazione del Parlamento ogni volta che si vogliono mettere tasse o si vogliono varare riforme importanti. Il Senato poi vigila su tutte le nomine, comprese quelle dei ministri. I commentatori vedono una difficoltà reale soprattutto su quest’ultimo putno. Barack non potrà formare una rete di uomini suoi da piazzare nei punti strategici del sistema di potere americano. D’altra parte il presidente ha potere di veto, dunque anche i repubblicani padroni del Parlamento dovranno venire a una qualche intesa con il loro avversario o addirittura nemico. Dico «nemico» con qualche ragione, perché la destra Usa ha vissuto fin dal primo istante Obama - il colore della sua pelle, lo slancio con cui annunciava tempi nuovi - come un usurpatore, come un truffatore votato a colpire i capisaldi del sistema americano: superiorità del più forte sul più debole, intervento minimo dello Stato nella vita dei cittadini, grandeur mondiale interpretata fino al limite dell’isolazionismo. Uno dei repubblicani che vanno per la maggiore, forse addirittura canbdidato per le presidenziali del 2016, è proprio Rand Paul, isolazionista estremo...
• Che significa «isolazionista»?
Mi isolo dal resto del mondo, lascio che il mondo vada per la sua strada, che mi è del tutto indifferente. Rand Paul interpreta bene l’avversione americana per il coinvolgimento in una nuova guerra, sentimento che anche Obama ha tentato di coniugare, per esempio con questo rifiuto di mandare truppe di terra contro al Baghdadi... Ma la sensazione degli americani è che Obama, con le sue incertezze, con le sue insofferenze, abbia reso in politica estera un cattivo servizio al Paese. La sua America, di fronte alla sfida dei nuovi tempi, appare smarrita, al punto che c’è un forte recupero dei Bush, Jeb Bush, fratello minore di George Bush junior (il presidente dell’attacco all’Iraq), è in corsa per la candidatura alla Casa Bianca, un altro George Bush, il terzo della serie, giovanissimo, figlio di Jeb, è stato eletto in Texas land commissioner
, cioè commissario delle terre pubbliche e delle miniere, una carica non da poco. Sulla politica estera, però, il Congresso non potrà molto.
• Come si spiega questa sconfitta dei democratici? Glielo chiedo perché ho visto gli ultimi dati e gli Usa crescono al ritmo del 3,5%! Che cosa bisogna fare per vincere un’elezione...
Gli ammiratori di Obama dicono che nelle elezioni legislative vanno alle urne solo i bianchi e i vecchi. Cioè i repubblicani e la loro destra (i cosiddetti, implacabili Tea Party) sarebbero favoriti in partenza. Michael Moore ha twittato: «Follia! La maggioranza degli americani è per i diritti degli omosessuali, per i diritti delle donne, per i diritti civili, vuole le leggi contro il cambiamento climatico, vuole aumentare il salario minimo, e poi consente alla minoranza di eleggere un Senato repubblicano». Sono analisi da prendere un po’ con le molle. La più giovane donna della storia americana è una repubblicana di trent’anni, Elise Stefanik, eletta adesso a New York.
• Che cosa ha detto Obama?
Il presidente ha tenuto una conferenza stampa in tono dimesso, spiegando che nei prossimi due anni bisognerà lavorare col Congresso, trovare dei punti d’intesa con l’opposizione, in modo da poter governare. «Gli americani hanno inviato un messaggio chiaro, bisogna concentrarsi sulle loro aspirazioni e non sulle nostre». Si dice che i repubblicani ostacoleranno la Casa Bianca su tutto, ma anche loro devono stare attenti: avendo il controllo totale del Congresso, saranno responsabili, con Obama, di errori e sconfitte. Potrebbero scontare un eccesso di ostruzionismo proprio alle presidenziali del 2016.
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