Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è la questione dei due forni...
• Che cosa s’intende per “questione dei due forni”?Un partito è alleato con un altro partito più piccolo che gli permette di superare il 51% e quindi di far approvare le leggi. Ma un bel giorno il partito più grande trova un altro partito piccolo che è disposto a farlo arrivare al 51%. Patatrac: il primo partito piccolo dà fuori di matto, come una moglie gelosa, perché non è più indispensabile e studia qualche mossa estrema per impedire a quell’altro di fargli concorrenza. Il partito grande, in questo, caso ha a disposizione due forni.
• Simpatico. Come mai ne parliamo?
Un maestro del doppio forno era Craxi, il leader socialista dell’era 1976-1992. Stava al governo con la Dc e nelle giunte locali col Pci. Due forni. Se la Dc studiava accordi col Pci a livello nazionale si metteva di traverso. Il famoso compromesso storico, a cui aderì per forza, era la sua bestia nera. È lo stesso adesso nel rapporto Renzi-Berlusconi. Berlusconi, grazie all’ormai celebre patto del Nazareno, garantisce a Renzi, e sia pure con parecchie fibrillazioni, la maggioranza per far passare le riforme più importanti, cioè un Senato ridotto, una nuova legge elettorale e una riscrittura del Titolo V della Costituzione. Ma un bel giorno, causa il famoso 40,8%, si fa avanti Grillo e dice: «Le riforme falle con noi». S’è aperto il secondo forno. Renzi incontra i grillini ieri, decidendo oltre tutto all’ultimo momento di aggiungersi alla propria delegazione, due maschi e due femmine contro quattro maschi pentastellati. L’uomo del Pdl, cioè Paolo Romani, si mette subito a strillare: «È nostro il ruolo determinante nel percorso riformatore. L’accordo resta sull’Italicum e noi siamo pronti ad approvarlo al Senato». Terrore del secondo forno. L’Italicum tra l’altro è già passato alla Camera col voto dei berlusconiani.
• Il secondo forno s’è aperto sul serio? Il Pd farà le riforme col Movimento 5 Stelle?
In base a quello che abbiamo sentito ieri (streaming), per ora no. Intanto il M5S è fuori da ogni possibilità d’intervento sul nuovo Senato, dato che il tempo per la presentazione degli emendamenti è scaduto. Potrebbe invece dir la sua sulla riforma elettorale. Solo che Grillo è partito chiedendo a Renzi di accettare la riforma elettorale grillina, risultato del solito vaglio della rete con l’apporto del costituzionalista Aldo Giannuli. Una pretesa impossibile da accettare, dato che il comico s’è fatto avanti a giochi fatti. E infatti Renzi gli ha ribadito ieri che il punto di partenza è la riforma approvata alla Camera, frutto dell’accordo tra Pd e Forza Italia. I grillini allora (Di Maio, Brescia, Buccarella, Toninelli) hanno spiegato per sommi capi il loro sistema elettorale e siccome alla bisogna s’è dedicato Toninelli, Renzi ha subito battezzato questo nuovo sistema Toninellum.
• Forse varrebbe la pena di spiegare un po’ in che consiste.
È un proporzionale puro costruito su un ridisegno intelligente dei collegi: la maggior parte sono piccoli, alla spagnola. Dunque, come abbiamo spiegato ormai troppe volte, in questi collegi si produrrà uno sbarramento naturale, perché in collegi piccoli con pochi candidati bisogna ottenere una percentuale molto alta di consensi per passare. Qualcosa che sta tra il 4 e l’8 per cento. Senonché, il Toninellum prevede anche di lasciare, a bella posta, qualche collegio grande in modo da concedere un diritto di tribuna ai minori. Caratteristiche particolari: si può votare per una lista e per il candidato o i candidati di un’altra lista. Soprattutto: si può escludere dal voto, facendoci sopra un segnaccio, il candidato sgradito in modo da rendere meno probabile la sua elezione e contrastare le segreterie che mandano in Parlamento degli impresentabili. Renzi ha replicato subito che: primo, sulle preferen- ze si può anche aprire una discussione, tenendo però presente che attraverso le preferenze si controllano i voti (vero, le preferenze vennero abolite con un referendum proprio per questo); secondo, che il Toninellum non va bene perché non fa uscire fuori un vincitore chiaro. Con il proporzionale di solito nessuno raggiunge il 50% e il primo arrivato si mette con chi gli pare. Sono disposti i cinquestelle - ha chiesto il premieri - a introdurre un qualche ballottaggio che faccia vincere con sicurezza uno dei contendenti? Sono disposti a un sistema che obblighi a dir prima con chi ci si alleerà? Sono disposti a un sistema basato tutto su collegi piccoli? Sono disposti a un parere preventivo sulla legge della Consulta? Sono disposti a ragionare in futuro anche delle altre riforme?
• Sono disposti?
Per il momento, no. Offrono la disponibilità a uno sbarramento del 5%. Che è poco. Me le due delegazioni si vedranno ancora.
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