Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Dalla mezzanotte di venerdì siamo in “silenzio elettorale”, cioè Renzi, Grillo, Berlusconi e gli altri sono obbligati a stare zitti. Una condizione paradisiaca, che ci permette di riflettere su quello che dobbiamo fare oggi, domenica 25 maggio, su come dobbiamo farlo e sul perché siamo chiamati a farlo.
• Elezioni europee.Intanto, non solo elezioni europee. Dobbiamo eleggere il Parlamento europeo, ma in Piemonte e in Abruzzo vanno eletti i consigli regionali e i relativi governatori. Sono chiamati alle urne anche quattromila comuni, e non sempre piccoli: Bari, Firenze, Sassari, Ferrara, Pescara, Foggia. In tutto 29 capoluoghi di provincia. Saremo abbagliati dal tour europeo, ma le elezioni amministrative hanno un peso concreto che sarà bene non dimenticare.
• Spieghiamo intanto il voto per l’Europa.
Si deve eleggere non solo il Parlamento, ma stavolta anche il presidente della Commissione. Non sta scritto nella legge, ma si ricava da un passaggio del Trattato di Lisbona, votato nel 2007 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009, nel quale è detto che il Parlamento europeo eleggerà il presidente della Commissione europea sulla base di una proposta fatta dal Consiglio europeo «prendendo in considerazione le elezioni europee». Quindi il Consiglio europeo (organismo che si occupa del processo d’integrazione degli stati dell’Unione) guarderà chi ha vinto le elezioni e quale nome ha proposto chi ha vinto e proporrà questo nome al Parlamento, che procederà all’elezione. Macchinoso, ma spesso procedure apparentemente ovvie sono macchinose (anche l’elezione del presidente Usa è molto macchinosa, benché possa sembrare semplicissima). È bene dunque conoscere i candidati alla presidenza e il punto di vista, in merito, dei partiti italiani. Martin Schulz, socialista, è appoggiato da Renzi e dai democratici. Jean-Claude Juncker, popolare, cioè democristiano, è appoggiato da Forza Italia e dal Nuovo Centro Destra. Alexis Tsipras è sostenuto dalla nostra lista dei radicali di sinistra (si chiama proprio “L’Altra Europa per Tsipras”). Grillo non appoggia nessuno, e Marine Le Pen, che avrebbe ricevuto l’appoggio della Lega e di Fratelli d’Italia, non si candida.
• Che tipo di scheda ci verrà consegnata?
Una scheda di colore diverso per ciascuna delle cinque circoscrizioni in cui è stato diviso il Paese: Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud, Isole. Bisogna segnare una X sul simbolo del partito prescelto e indicare fino a un massimo di tre preferenze. Con questa novità assoluta: il secondo candidato deve essere di sesso diverso dal primo, se si votano tre nomi uno dei tre nomi deve essere di sesso diverso dagli altri due.
• Che previsioni si fanno?
Il Pd sarebbe leggermente sopra il 30, Grillo tra il 25 e il 30, Berlusconi sotto il 20, Alfano e la Lega di poco sopra il 5. Nessun altro, oltre questi, supererebbe lo sbarramento del 4%. E quindi fuori Tsipras, la Meloni e gli altri. Queste percentuali, appena sussurrate perché dal 9 maggio è vietato dar notizia di sondaggi e tendenze in atto, possono naturalmente essere smentite dalle urne. E non sarebbe la prima volta. Di tanto in tanto, nei giorni scorsi, ci sono stati raccontati momenti di panico democratico, alla notizia che i sondaggi davano Grillo a ridosso o addirittura avanti. Grillo sostiene di essere avanti del 96%, D’Alema ha detto che chi pronostica l’avanzata di Grillo lo fa con intenti speculativi, la previsione di una vittoria cinquestelle fa precipitare i corsi, i furbi comprano e rivenderanno a maggior prezzo la settimana prossima, a pericolo passato e borse in rialzo. Anche Veltroni, con cui ho parlato l’altra sera, dice che «i sondaggi sono buoni».
• Che influenza avranno le elezioni europee sull’assetto italiano?
Niente, se i dati confermeranno le percentuali azzardate nella risposta precedente. Molta, se saranno diversi. Grillo dice che, in caso di un suo successo, chiederà la dimissioni di Napolitano e al nuovo presidente di sciogliere le Camere. Si andrebbe alle urne con la legge elettorale in vigore, il Porcellum ridisegnato dalla Corte costituzionale, cioè un proporzionale puro con sbarramento del 4% alla Camera, dell’8% regionale al Senato e l’inutilità assoluta di fare coalizioni o alleanze prima del voto data la scomparsa dei premi di maggioranza. Grillo ha insistito negli ultimi giorni nel dire che il voto è politico, e che quindi il governo e le alleanze devono trarne tutte le conseguenze. Renzi, al contrario, ha ribattuto che questo voto non è politico e che quindi, qualunque siano i risultati del Pd e dei grillini, il governo resterà al suo posto. Certo, se Berlusconi dovesse perdere troppo, se il secondo posto dei Cinquestelle dovesse avere un’aria solida... Basterebbe questo per rendere pressoché obbligatoria una nuova distribuzione delle carte.
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