Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bollettino del Renzi Primo (o Renzi I): oggi pomeriggio c’è la fiducia al Senato, i problemi sono quelli di cui abbiamo parlato ieri, ma Civati ha detto che voterà sì perché non vuole e non può lasciare il partito, dunque il cosiddetto Rottamatore, cioè Renzi, non avrà presumibilmente problemi, solo faranno in modo di fargli capire che non deve fare troppo il gradasso e i numeri con cui otterrà il sì dei senatori saranno all’incirca il minimo indispensabile. Ieri Renzi ha passato la giornata a studiare i vari dossier, ma prima ha voluto twittare con il mondo, hashtag #buonadomenica (è andato anche a messa con moglie e figla, fotografatissimi tutti e tre), si segnalano i tweet «Metodo, metodo, metodo» (giusto) e il tweet «Quella della burocrazia è la madre di tutte le battaglie. Significa cambiare mentalità, tutti» (giusto anche questo). Ha anche parlato al telefono con il neoministro dell’Economia Padoan, l’inviato della Troika. Soprattutto gli ha telefonato la Merkel, secondo i comunicati ufficiali i due hanno preparato il vertice di Berlino del prossimo 17 marzo (mah). Delrio, in un’intervista che ha fatto il giro della Rete, promette che non ci saranno patrimoniali, nonostante Padoan sia un convitno assertore della tassazione sui patrimoni, fatta però in alternativa alla tassazione sugli stipendi (cioè se sale quella, deve scendere questa). D’altra parte, in un altro tweet, Renzi ha detto: «Soldi in cassa non ce ne stanno, è inutile che ci prendiamo in giro. E i risultati della spending review rischiano di arrivare tardi rispetto alla data che ci chiedeva l’Europa».
• A proposito di spending review: ho letto che Cottarelli, incaricato da Letta di rivedere la spesa pubblica, verrà trasferito a Palazzo Chigi. Il nuovo ministro Padoan annuncia invece una due diligence sui conti pubblici, cioè un esame condotto con la meticolosità del buon padre di famiglia. Ogni volta però ricominciamo da capo, sarà il quarto esame dei conti pubblici di cui ho memoria, da Giarda in poi.
Renzi dice che sul suo tavolo ci sono il dossier del mancato ministro Gratteri sulla giustizia e il dossier di Cottarelli relativo ai conti pubblici. Aggiunge che dopo la fiducia i due incartamenti saranno esaminati con attenzione.
• In che senso il nuovo presidente del Consiglio sostiene che «quella della burocrazia è la madre di tutte le battaglie»?
In linea generale non si può non condividere. Il problema con Renzi è però questo: finora abbiamo sentito una bellissima sequenza di titoli. Mancano del tutto gli svolgimenti, magari ipotetici. C’è il fatto che gli svolgimenti sono lunghi e noiosi, chi vuole che li stia a sentire? Craxi parlava sempre di grande riforma, poi quando Miglio entrava nei particolari si addormentava. Renzi naturalmente non può essere così. Un minimo di svolgimento dovremmo sentirlo già oggi, nel discorso al Senato.
• Che svolgimento potrebbe esserci sotto il titolo della burocrazia?
La faccenda della burocrazia può essere presa da parecchi lati. Intanto, non tutti i dipendenti pubblici sono burocrati: ci sono gli insegnanti, ci sono le forze dell’ordine, ci sono i magistrati. I tre milioni e passa di statali risultano, come numero complessivo, in linea con i numeri degli stranieri. Sono probabilmente mal distribuiti. Per esempio, ieri il Corriere ha messo ben in grande il numero che si riferisce ai dipendenti di Palazzo Chigi, 4.500 compresi quelli della Protezione civile. Il Cabinet Office di Cameron ne ha appena 1500. Si potrebbe fare lo stesso discorso per il Quirinale o per altre istituzioni. In altri termini: stabilito che la burocrazia è indispensabile, bisognerebbe cominciare a occuparsi di formazione, reclutamento, qualità complessiva, distribuzione. Renzi alludeva a questo? Credo di no. Questo sarebbe un processo lungo, poco redditizio in termini d’immagine.
• Forse allude ai grandi burocrati?
Probabilmente sì. C’è anche una dichiarazione della Madia, nuovo ministro della Pubblica Amministrazione, che proprio ieri ha detto: «Il nostro è un territorio complesso, che va certamente riformato. Abbiamo idee precise e forti. Renato Brunetta appena insediato se la prese subito con quelli che definì impiegati fannulloni. Noi non faremo così, cominceremo dall’alto, dai dirigenti. Ci sembra inaccettabile che tanti alti dirigenti restino fermi, bloccati nei loro prestigiosi incarichi per anni e anni, accumulando così potere su potere e disinterrenssandosi spesso del funzionamento della macchina».
• Giusto, no? E direi che ha ragione. Tante volte anche lei se l’è presa con le tribù italiane che bloccano qualunque progresso, riforma o semplificazione perché difendono il potere che hanno, grande o piccolo che sia. Mi domando solo perché questo argomento sia a un tratto uscito fuori proprio ieri, domenica, vigilia della fiducia.
Beh, gli uffici stampa di Renzi e della Madia gli hanno passato l’articolo che sull’argomento Sergio Rizzo ha pubblicato ieri mattina sul "Corriere della Sera". Quel formidabile giornalista, che scrisse con Stella La casta, ha passato in rassegna nel suo pezzo la schiera dei superburocrati, nomi cognomi loro radicamento (potentissimo) nell’amministrazione, difficoltà, che sfiora l’impossibilità, di rimuoverli perché, in tanti decenni, sono anche dotati di una formidabile competenza e hanno fenomenali rapporti in tutti i gangli dello Stato. Per sostituirli senza far danni ci vorrà una competenza almeno pari alla loro, se non si vuole buttare insieme bambino e acqua sporca. Renzi e Madia sono giovani e belli, vuole perciò che quella competenza non ce l’abbiano?
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