Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I nostri due marò bloccati in India torneranno in Italia per le vacanze di Natale: quindici giorni di permesso, o forse di licenza, che fanno ben sperare sull’esito di un processo che pare interminabile.
• Che differenza c’è tra “permesso” e “licenza”?
Se fosse “licenza” vorrebbe dire che gli indiani riconoscono ai nostri due la qualifica di militare. Questo potrebbe significare che sono disposti ad ammettere una giurisdizione diversa da quella italiana o indiana su cui ci si è accapigliati fino ad ora. In quanto militari, i due dovrebbero essere necessariamente processati dai loro superiori italiani. A queste dispute terminologiche abbiamo già assistito nel momento in cui il nostro governo ha deciso di dare 150 mila euro a ciascuna delle due famiglie di pescatori uccisi. Si è sempre parlato, in quel caso, di “atto di generosità unilaterale”, badando bene a non usare mai la parola “risarcimento” con la quale si sarebbe implicitamente riconosciuta una responsabilità degli italiani nella morte dei due pescatori di Kerala.
• Vogliamo ricordare l’episodio?
Alle due del pomeriggio dello scorso 15 febbraio la petroliera Enrica Lexie degli armatori napoletani D’Amato, in navigazione al largo delle coste dell’India meridionale, vede venire verso di sé un peschereccio che fila veloce e ha un’aria aggressiva. La nostra versione dei fatti è che, per intimargli di tornare indietro, i nostri abbiano sparato tre volte in acqua. La loro versione è che invece gli abbiamo sparato addosso uccidendo due pescatori. Attirata con l’inganno nel porto di Kochi, la nave venne tenuta a lunga sotto sequestro (adesso si trova a Istanbul), mentre due dei sei marò imbarcati sulla petroliera venivano arrestati in un clima fortemente anti-italiano condiviso sia dagli uomini al governo della regione che dai loro oppositori. Non dimentichiamo che in India governa il partito di Sonia Gandhi, italiana detestata e adorata con la stessa intensità.
• In pratica ci siamo andati a infilare in beghe tutte loro.
Sì. La questione fu subito quella della giurisdizione: se la Enrica Lexie navigava a 30 miglia dalla costa, come sosteniamo noi, allora si trattava di acque internazionali e tutto ciò che accade su una nave che si trova in acque internazionali deve essere giudicato (ecco la “giurisdizione”) dal paese di cui l’imbarcazione inalbera la bandiera. In questo caso, l’Italia. Ma gli indiani sostengono che la petroliera era a 20 miglia e che le acque erano le loro, e idem la giurisdizione. A causa di questa premessa ingarbugliata, non si è ancora entrati nel merito della vicenda. Si sta ancora discutendo, cioè, su chi debba fare il processo.
• Intanto però mi sembrano alquanto rabboniti.
Sì, in questi dieci mesi ai nostri due marò è stata concessa una sempre maggiore libertà, adesso vivono in un albergo di Kochi, hanno l’obbligo di firma ogni mattina e possono girare per la città purché non oltrepassino una distanza di dieci chilometri. La sentenza dell’Alta Corte sulla giurisdizione viene di continuo rinviata. Ma c’è stata la grande notizia del permesso per Natale. Allo scadere del 10 gennaio i nostri due marò dovranno rientrare in India. Lo Stato italiano ha versato, a garanzia, 860 milioni di euro. Il presidente Napolitano li ha chiamati al telefono per felicitarsi e far sapere che li aspetta al Quirinale. Le famiglie sono naturalmente in festa.
• Vogliamo dire qualcosa di questi nostri marinai?
Si chiamano Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Sono fucilieri del battaglione San Marco in servizio presso la caserma Carlotto di Brindisi. Latorre, capo di prima classe, ha 45 anni e ha alle spalle missioni in Iraq e in Afghanistan. Nel 2007 si è candidato alle comunali per Taranto nella lista dell’ex sindaco Giancarlo Cito, senza essere eletto. Niente da fare neanche alle regionali del 2010, lista I Pugliesi, sempre con i Cito (stavolta era il figlio Mario). È separato, ha un figlio dalla prima moglie e tre dall’attuale compagna. Girone ha il grado di sergente, 35 anni, sposato con due figli. In tutti questi mesi i nostri due militari hanno tenuto una condotta esemplare, rifiutandosi però di rispondere alle domande della polizia (a sostegno della nostra tesi, che la giurisdizione è nostra). Non è strano che da militari si trovassero sulla petroliera di un armatore privato. La nostra Marina ha addestrato 60 uomini della San Marco (divisi in dieci squadre da sei) per metterli di scorta sulle navi che incrociano nelle aree maggiormente infestate dai pirati, come, appunto, il Kerala. Gli armatori li pagano 500 euro al giorno e, in generale, ne vale la pena: gli ultimi dati mostrano che i fatturati della pirateria sono crollati.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 21 dicembre 2012]
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