Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Silvio Berlusconi è stato assolto dalle accuse di prostituzione minorile e concussione.
• Il caso Ruby? Quelle che in primo grado gli erano costate sette anni?
Sì, i tre magistrati dell’Appello (seconda sezione penale, giudice Enrico Tranfa) hanno ribaltato interamente il primo giudizio e sentenziato che l’accusa di concussione «non sussiste» e relativamente all’accusa di prostituzione minorile «il fatto non costituisce reato». Cancellata, a questo punto, anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta all’ex premier il 24 giugno 2013 dal collegio presieduto da Giulia Turri. La motivazione della sentenza si conoscerà tra novanta giorni e solo allora il procuratore Piero De Petris potrà decidere se ricorrere o no in Cassazione. Se la Cassazione rovesciasse nuovamente la sentenza, condannando Berlusconi, questi si vedrebbe riaddossare i tre anni indultati nel processo Mediaset e dovrebbe passare molti anni ai domiciliari o addirittura in cella. Niente più servizi sociali, in quel caso. Ma alla Cassazione si penserà quando sarà il momento. Per ora Berlusconi è felice e i suoi nemici tacciono.
• Anche se abbiamo raccontato la storia di Ruby una decina di volte, sarà il caso di rinfrescare la memoria.
Siamo nel 2010 e Berlusconi è presidente del Consiglio. La notte del 27 maggio viene portata in questura a Milano una bella ragazza di 17 anni (cioè, minorenne) accusata di furto. Non ha documenti e la procedura insegna che, in casi come questi, va spedita in comunità. Ma arriva una telefonata di Berlusconi: attenzione, dice ai poliziotti, ci è stato segnalato che questa ragazza è nipote di Mubarak (il presidente egiziano, in quel momento ancora al potere), dunque chiederei di muoversi con prudenza. Verrà la consigliera regionale Nicole Minetti a prendersi cura della giovane. Affidategliela. In questura, nonostante la resistenza del pm di turno in quel momento, decidono di dar retta al premier e affidano la bella Ruby alla Minetti. Intanto però la storia viene fuori, si scopre che la marocchina Ruby si chiama in realtà Karima el Mahroug, e ha partecipato, ancora minorenne, alle feste in casa di Berlusconi. È lei a tirar fuori la storia del bunga bunga (brutale pratica erotica o barzelletta degli Anni 80?) e a dire che a queste feste c’erano tante ragazze. Ce n’è abbastanza per scatenare Ilda Boccassini, la quale pretende per sé quell’inchiesta, va a processo, sostiene che Berlusconi è colpevole di aver concusso i questurini di Milano (costretti a dargli retta perché intimoriti dal suo potere) e di aver indotto un sacco di ragazze, e in primis la bella Ruby, a incamminarsi sulla via della prostituzione. Ottiene la condanna a sette anni e, in preda a furore accusatorio, mette sotto processo anche quelli che hanno testimoniato a favore di Berlusconi.
• Beh, e com’è possibile che tre giudici in primo grado condannino a sette anni e tre giudici in secondo grado dichiarino che il fatto non sussiste? La difesa ha portato nuove prove?
No, nell’appello la difesa ha semplicemente chiesto che si riconsiderasse la faccenda. È il sistema italiano, massimamente garantista. Se al primo giro hai sbagliato, al secondo ti posso correggere. Se hai sbagliato al secondo ti posso correggere al terzo (Cassazione). Non c’è bisogno di nuove prove.
• Non me lo spiego.
Posso darle due spiegazioni. La prima è la spiegazione di quelli che la sanno lunga. Quelli che la sanno lunga dicono: c’è un patto Renzi-Berlusconi, con un bel pacchetto di voti berlusconiani che nei momenti cruciali tiene su il governo. In cambio di questo sostegno, Renzi ha promesso a Berlusconi di risolvere in suo favore i vari grovigli giudiziari. Sta succedendo. Quelli che la sanno lunga, per inciso, sono gli stessi che ogni cinque minuti esaltano l’indipendenza della magistratura, specialmente quando sentenzia nel modo a loro dire giusto.
• È vero?
C’è la seconda spiegazione. Ho fatto un giro di telefonate tra i penalisti di Roma e, in genere, mi sono sentito dare questa spiegazione: in primo grado, Berlusconi s’è fatto difendere da due tizi - Ghedini e Longo - che hanno accettato di affrontare la cosa con le stesse armi dell’accusa. L’accusa di Boccassini era squisitamente politica, la difesa è stata politica, politicamente Berlusconi ha perso e s’è beccato i sette anni. In secondo grado, Berlusconi, intontito dalla sfilza di condanne arrivate al termine di processi magari anche improbabili, s’è fatto difendere da due grandi avvocati penalisti, due avvocati veri, cioè Franco Coppi e Filippo Dinacci. I due hanno dimenticato la politica e portato la faccenda sul piano tecnico. Strettamente tecnico. Sul piano strettamente tecnico, l’intemerata della Boccassini, politicamente così seducente specie per quelli che la sanno lunga, non stava in piedi. Il fatto, che ci ha svergognato di fronte al mondo e tormentato per quattro anni, non sussiste.
(leggi)