Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La gente comune, alla quale noi apparteniamo di diritto, si domanda che cosa ci vadano a fare i potenti della terra in una landa sperduta come Lough Eine (Irlanda del Nord), per discutere di questioni che si potrebbero affrontare anche per telefono o per mail. Il G8...
• Ecco, intanto bisogna chiarire questa sigla, “G8”.
G8, cioè Gruppo degli Otto. Gli otto Paesi più ricchi della Terra, cioè quelli maggiormente industrializzati: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Russia. Il presidente inglese Cameron ha già detto una volta che il G8 è morto. Ma insomma, incontrarsi, parlarsi a qualcosa serve. Non possiamo neanche pretendere che alla fine di riunioni come queste se ne escano con un trattato bell’e pronto in cui magari si riforma il fisco mondiale. Questi vertici servono per delineare tendenze, stabilire priorità, preparare la possibilità di altri accordi, magari più complicati, a cui si dedicheranno probabilmente i tecnici di ciascuno.
• Va bene, però in questo consesso tanto illustre, non so perché, l’Italia mi pare poca cosa, un soggetto che si presenta soprattutto per prendere ordini o essere rimproverato...
Enrico Letta ha presentato un «piano per la Libia» assai apprezzato. Il mondo si aspetta in genere che, per ragioni storiche e geografiche, di quel pezzo d’Africa ci occupiamo noi. Non si tratta solo di addestrare poliziotti e militari (i libici verranno a prender lezioni in Sicilia e in Sardegna) o di fornire gli elementi giuridici per una scrittura corretta dei loro codici civile e penale. Bisogna anche pacificare il paese: c’è ancora un partito di gheddafiani che cerca rivincite e non vuole riconsegnare le armi. La delicatezza della situazione è dimostrata dal fatto che gli americani hanno rinforzato la loro presenza a Sigonella, aumentando il numero di droni in grado di raggiungere Tripolitania e Cirenaica. Letta è stato invitato alla Casa Bianca e anche Putin lo vuole incontrare a Mosca.
• Mi pare che Putin sia stato un problema per tutti, in realtà.
Per la faccenda della Siria. Gli otto speravano di trovare a Lough Eine una via per comporre la questione. Impossibile, a quanto pare: Putin sta con Assad, il cui regime considera legittimo. Ho letto che i giornali italiani considerano il presidente russo “isolato”. Ma, a dire la verità, guida uno schieramento che comprende paesi enormi, come la Cina e l’Iran. Dunque, non è troppo isolato. E ha dalla sua anche gli hezbollah libanesi. Dice oltre tutto qualcosa di abbastanza innegabile: le mani lorde di sangue ce l’hanno anche i ribelli. L’appoggio occidentale a costoro è tuttavia incerto perché la componente alqaedista è sempre più prevalente. In ogni caso, su questo il G8 ha fatto cilecca piena. Mentre proprio in extremis Obama ha annunciato l’avvio di trattative di pace dirette tra Karzai, leader dell’Afghanistan e i talebani.
• C’è poi la questione del fisco. Si vogliono mettere tutti insieme per combattere gli evasori.
A quel livello, il problema sono le multinazionali, tipo Apple, che profittando delle differenze tra legislazioni allocano i profitti nei paesi che giudicano più favorevoli. Qui si è raggiunto un accordo imperniato su due pilastri: primo, bisogna costringere le multinazionali alla trasparenza, intanto imponendo loro di dichiarare quante tasse pagano e dove. Lo scandalo Apple è esploso quando si è capito che l’azienda di Cupertino fa girare i soldi in modo tale che il suo peso fiscale è pari al 3% dei profitti! Secondo pilastro: la condivisione delle informazioni. Ogni giorno si evade per un miliardo e cento milioni di dollari, il che fa 400 miliardi di dollari sottratti ogni anno al fisco di tutto il mondo. È una lotta assai dura: mentre in Irlanda si celebrava l’unità d’intenti su questo punto, in Svizzera il Parlamento bocciava un accordo tra 12 banche svizzere e il fisco americano. Ai politici elvetici non piaceva che l’accordo prevedesse la consegna di una montagna di documenti sensibili.
• Che altro hanno discusso?
Obama puntava molto sulla questione dell’area di libero-scambio commerciale Europa-Usa. I numeri di supporto sono impressionanti: metà della ricchezza mondiale è prodotta dall’accoppiata Usa-Europa, tra le due realtà si scambiano ogni anno merci per tremila miliardi di dollari, gli europei investono ogni anno negli Stati Uniti per quattromila miliardi di dollari e altrettanto fanno gli americani in Europa. Lavorando per far cadere le barriere doganali e per uniformare le legislazioni (una quantità di merci non possono essere vendute di qua o di là perché non corrispondenti ai canoni previsti nelle due aree) si possono creare milioni di posti di lavoro. Il G8 su questo ha fatto dei passi avanti, nonostante la resistenza francese a comprendere nell’area del libero scambio i prodotti culturali (video, dvd, ecc.).
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