Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il ritiro di Veltroni ha incoraggiato un altro paio di addii, quelli di Castagnetti e di D’Ambrosio, e provocato la strana uscita sull’ “Unità” di una pagina di pubblicità a sostegno di D’Alema, indicato da 700 firme come un riferimento indispensabile per le battaglie democratiche specialmente al Sud. La faccenda ha in effetti un che di stravagante: se tutti i vecchi del Partito democratico decidessero di farsi da parte spontaneamente, che fine farebbe la campagna del rottamatore Renzi? Renzi ha bisogno che restino lì, in modo da poterli buttar giù con le sue mani…
• Non faccia lo spiritoso e dica invece che lezione si può trarre da tutto questo.
Ma intanto mi soffermerei su alcuni dettagli del bel gesto di Veltroni. Non poteva andarsene semplicemente con un comunicato o al massimo una conferenza stampa? No, come fece al Lingotto (in cui il discorso programmatico da neo segretario venne studiato come fosse una prima della Scala), c’è voluta un’anticipazione a “Repubblica” e poi la grancassa di “Che tempo che fa”. Quando Violante decise di rinunciare al Parlamento per favorire il cambio generazionale invocato dallo stesso Veltroni (in quel momento segretario) lo fece con la dovuta discrezione. Alcuni maligni insinuano adesso che la decisione di non candidarsi in Parlamento prepari un ritorno di Veltroni a sindaco di Roma (si vota tra pochi mesi). In effetti a Roma il Pd ha fatto la strana scelta di mandare Zingaretti, già destinato a fare il sindaco, a correre invece per la Regione, un traguardo facile dopo i disastri Polverini e per conquistare il quale sarebbe bastato un buon candidato come Gasbarra. Di fatto, come hanno già scritto i giornali, il Pd si trova curiosamente in questo momento senza un uomo per la successione ad Alemanno. A meno che… Ma non voglio credere a questi pettegolezzi e preferisco dar retta alla Maria Teresa Meli che ieri sul Corriere ha scritto che Walter, il cui ultimo romanzo (L’isola delle rose
) è in libreria da un paio di mesi, si prepara a tornare in Africa.
• E se puntasse al Quirinale?
Per quello c’è D’Alema, che molti adesso vorrebbero vedere uscire di scena coerentemente col passo di Veltroni. Che senso ha la pagina dell’Unità, un unicum, credo, nella storia del grande partito di sinistra? D’Alema ha parlato con troppo disprezzo di Matteo Renzi, che sta facendo la sua corsa, e ha più anni di Veltroni: 64 il prossimo aprile contro i 57 del suo avversario di sempre. Al Colle aveva puntato già nel 2005, quando fu eletto Napolitano, e aveva dalla sua anche Giuliano Ferrara. Potrebbe essere il nuovo inquilino del Quirinale? Certo che sì. E come lui Monti, Giuliano Amato, Beppe Pisanu, la Cancellieri, lo stesso Violante. A meno che Grillo non vinca le elezioni, cosa a questo punto possibile, visti gli scandali che si succedono e la forza come nuotatore del grande comico.
• Quanti sono, alla fine, questi vecchi del Pd?
Ieri le agenzie, sollecitate anche dal passo indietro di Castagnetti e D’Ambrosio, hanno diffuso – peraltro con molti sbagli - le classifiche relative ai democratici. Supponiamo che si volessero far fuori quelli che stanno in Parlamento da 25 anni (elezioni del 1987): oltre a Veltroni, bisognerebbe tagliare, tra gli altri, Anna Finocchiaro, la Turco, D’Alema, Anna Serafini moglie di Fassino. Nessuno di questi sembra però intenzionato a farsi da parte, tranne Livia Turco che s’è detta disponibile se lo faranno tutti gli altri, «eccetto Bindi, D’Alema e Veltroni». Franco Marini, eletto a Montecitorio nel 1992, ha già annunciato, senza andare in tv, che vuole smettere (farà 80 anni il prossimo 9 aprile). La Bindi, rispetto a questi, è relativamente giovane: è entrata in Parlamento con le elezioni di Tangentopoli, nel 1994. La segnalano in preda a forti riflessioni, dopo il gesto di Veltroni. Ha detto: «Mi rimetto alle decisioni del partito». In quel medesimo 1994 entrarono la Melandri ed Enrico Morando, silenziosissimi adesso. Della generazione del 1996 sono Bressa, Treu, Fioroni e Follini. Castagnetti, che ha rinunciato, è rispetto a questi un giovanissimo: è stato eletto per la prima volta nel 2001. L’altro rununciatario, Gerardo D’Ambrosio, è entrato in Senato addirittura nel 2006.
• In ogni caso: come fanno questi qui a restare in Parlamento tanto a lungo?
Come lei sa, Grillo vuole mettere la regola dei due mandati, che non mi fa impazzire. Un’altra idea sarebbe quella di eleggere quattro o cinquemila persone degne e poi di estrarre a sorte ogni anno, tra queste, i membri dell’assemblea. Sono tutte pensate che non tengono conto della natura del nostro sistema, che è parlamentare, cioè concentra proprio nel Parlamento tutto il potere. Per non rimediare con pezze inventate da qualche mente brillante sarebbe meglio riconcepire tutto daccapo.
• In America sono sicuro che non funziona così.
Si sbaglia, e di grosso. I parlamentari americani restano attaccati al loro seggio anche mezzo secolo. E nessuno ha niente da ridire.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16 ottobre 2012]
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