Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli israeliani non hanno occupato Gaza, e dunque sarebbe sbagliato scrivere che l’operazione di terra è cominciata. Però nella notte tra sabato e domenica un gruppo di soldati è effettivamente entrato nella zona nord della Striscia per disinnescare alcuni sistemi di lancio dei missili. Operazione che, secondo i comunicati dello stesso esercito israeliano, si sarebbe conclusa dopo due ore con successo, nonostante i quattro feriti provocati dalla reazione dei militanti di Hamas. Nello stesso tempo, nella stessa area, e in particolare intorno alla città di Beit Lahia, gli israeliani hanno messo in atto un bombardamento molto intenso, il cui obiettivo era costituito, ancora una volta, dai sistemi di lancio dei missili e da una serie di tunnel o cunicoli in cui i palestinesi nasconderebbero armi, razzi e dirigenti. Il 30 per cento di tutti i proiettili che sono piovuti sul territorio di Israele la settimana scorsa, e specialmente di quelli a lunga gittata, sono stati sparati da qui.
• C’è un’escalation in vista, quindi.Non si sa, ma forse no. Forse si aspetta che il richiamo della riserva sia completato. Per ora sono schierati al confine in ventimila e l’obiettivo è di mettere insieme 40 mila uomini. I palestinesi sostengono che l’incursione israeliana di terra è stata bloccata da loro, che il nemico è dovuto scappare con perdite pesanti. Credo si tratti di propaganda. Gli israeliani hanno avvertito la popolazione fin dalla sera di sabato. Voglio dire: hanno avvertito - con volantini, comunicati, e telefonando a casa dei palestinesi - che ci sarebbe stata un’incursione, breve e violenta. Nei volantini, scritti in arabo, dopo la raccomandazione di scappare, si leggeva: «Chiunque trascuri le istruzioni dell’esercito metterà la vita di se stesso e della sua famiglia a rischio. Attenzione. L’operazione dell’esercito sarà breve. Tsahal ha intenzione di attaccare le infrastrutture terroriste ad est di Al Aatara e della strada As Sultyan, e ad ovest e nord del campo profughi di Jabalia. Si consiglia di seguire la strada a sud di Jabalia attraverso Shara al-Faluja». Che si sbrigassero a scappare entro mezzogiorno. Gli israeliani spiegano ai giornalisti che i palestinesi nascondono le armi, i razzi e i loro leader negli scantinati dei palazzi più affollati oppure nei sotterranei delle moschee. In Israele c’è una forte campagna contro il massacro dei civili, e questo spiega le telefonate e gli avvertimenti preventivi. D’altra parte, se si vuole colpire l’arsenale di Hamas - è il loro ragionamento - bisogna bersagliare i palazzoni e anche i templi. L’altro giorno, per la prima volta, è stata ridotta in macerie una moschea, sospettata di nascondere ordigni.
• Qual è il bilancio a questo punto?
I palestinesi dicono che, a partire da martedì 8 luglio, ci sono stati 1.300 attacchi aerei che hanno provocato 160 morti. Solo sabato gli attacchi sono stati duecento, a cui Gaza ha risposto con il lancio di una novantina di razzi. I numeri che dànno le fonti israeliane non sono molto diversi. È che sono stati ammazzati tanti bambini e tante donne. Netanyahu ha detto che lo sforzo questa volta è il doppio di quello messo in atto nel 2012, al tempo dell’operazione “Piombo fuso” (2012). Al tempo dell’operazione “Piombo fuso”, l’esercito israeliano è entrato per l’ultima volta a Gaza.
• La gente è effettivamente scappata?
Fonti locali riferiscono che almeno ventimila persone hanno abbandonato le case di Beit Lahya, a-Atatra e Salatin. Molti si sono rifugiati nelle sedi dell’Unwa (l’agenzia Onu per i profughi) sperando che quegli edifici sarebbero stati risparmiati. Stiamo parlando di gente in fuga senza bagagli, senza cibo e che al ritorno troverà quasi sempre la propria casa ridotta in polvere.
• Qual è il guadagno di Hamas in questa guerra? E che cosa ci guadagna Israele?
Incomprensibile. Non so rispondere. Hamas, riasccostandosi al Fatah, cioè mostrando di voler intraprendere una via di moderazione, aveva suscitato l’interesse di tutta la comunità internazionale. Si stava procedendo a una specie di sdoganamento di una formazione vissuta fino a ieri come terrorista. Era quella la via per arrivare a discutere, con un minimo di probabilità, del processo di pace. E però è innegabile che Hamas è parola forse ormai priva di senso e che nasconde in realtà decine di formazioni estremiste per nulla interessate alla tanto sbandierata nascita dei due stati. Dietro questo c’è probabilmente lo stesso al Baghdadi, il signore dell’Isis e del Califfato. Mentre Israele si distrae con i problemi della Striscia, lui può entrate in Giordania e sollevare quella popolazione. Piazzarsi in Giordania vuol dire piazzarsi in Palestina.
• Quindi Israele non dovrebbe cadere nella trappola...
Anche in Israele ci sono estremisti che non vogliono i due stati. Estremisti che stanno al governo, oltre tutto. C’è qualche risvolto economico da non dimenticare. La Palestina così com’è fornisce a Israele manodopera a basso costo. L’esistenza del “problema” convoglia finanziamenti da tutto il mondo. Lo status quo, qualunque siano i proclami, ha la sua convenienza.
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