Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Alla terribile violenza dell’uragano Yolanda – o Haiyan – le Filippine hanno anche pagato lo scotto della loro miseria. Il vento a trecento all’ora s’è portato via centinaia di migliaia di baracche in cui vivono la gran parte dei 90 milioni di filippini, e ha lasciato praticamente indenni grattacieli e palazzi. Gli esperti dicono che un tifone di intensità più bassa avrebbe probabilmente provocato un disastro delle medesime proporzioni, perché la maggior parte degli agglomerati urbani è fatto di povere catapecchie, incapaci di resistere, non si dice alla forza 5 che li ha travolti negli ultimi due giorni, ma neanche a una forza 3. Adesso un deserto di fango copre tutto, il collegamento con i centri devastati (Cebu, Iloilo, Dulag, Tacloban) è ancora impossibile, mancano acqua, cibo, medicinali, soprattutto non si sa quanta gente è morta, quanta è ferita, dove stanno i superstiti e come possono essere raggiunti. Il presidente, Benigno Aquino III, ha proclamato la calamità nazionale, cosa che gli permetterà di mobilitare risorse e di incanalare gli aiuti internazionali.
• A proposito, com’è lo stato di questi aiuti internazionali?
Naturalmente il mondo si è mobilitato, anche se è difficilissimo, quando non impossibile, raggiungere i punti in cui c’è maggior bisogno. Medici Senza Frontiere ha spedito laggiù due cargo con materiale sanitario e logistico (cioè le attrezzature mobili per mettere in piedi in poche ore un intero ospedale). I velivoli dovrebbero essere atterrati a Cebu, dove arriveranno forse già oggi una trentina di medici. Volontari filippini hanno distribuito migliaia di pasti caldi consegnati dalla Croce Rossa Internazionale. L’Unicef sta mettendo insieme kit igienico-sanitari, cibo terapeutico, acqua, e ha aperto una campagna di raccolta fondi per i quattro milioni di bambini che hanno bisogno di aiuto. Chi vuole dare una mano vada sul sito dell’organizzazione oppure versi sul conto corrente postale 745.000 intestato a Unicef Italia e specificando come cusale “Emergenza Filippine”. Il numero verde è 800 745000. Consultare il sito anche per quanto riguarda Save the Children: punta a mettere insieme 30 milioni di dollari, reclama acqua, cibo, generi di prima necessità, medicine, materiali per costruire rifugi e anche psicologi. La popolazione è tipicamente colpita da disidratazione e dissenteria. La Comunità di Sant’Egidio ha indetto una preghiera per le vittime il 12 novembre alle 20:15 nella chiesa di Santa Maria in Trastevere a Roma. Anche la Caritas ha lanciato una raccolta fondi, mentre la presidenza della Cei ha stanziato tre milioni di euro.
• Il Papa?
Francesco ha staccato un assegno da 150 mila dollari, dedicherà alla tragedia l’Angelus di domenica prossima e ha lanciato un appello su Twitter («Siate generosi nella preghiera e nell’aiuto concreto»).
• E l’Italia come stato?
Il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha dichiarato: «Ho firmato stamani i primi provvedimenti di emergenza per cui l’Italia farà partire nelle prossime ore da Brindisi viveri, medicinali e attrezzature per l’emergenza. Si tratta di un valore totale di oltre 1,5 milioni di euro tra beni materiali e fondi alle agenzie che si stanno occupando dell’emergenza».
• Ci sono italiani tra le vittime?
Non si sa, ma per ora sembra di no. Nella lista dei 395 stranieri registrati nei resort non ci sono nomi di italiani. Parecchi nostri connazionali, prima di partire per le Filippine, non si erano registrati sul sito e dunque sono ignoti alle autorità. La nostra Unità di crisi fida nelle segnalazioni delle famiglie.
• Quella è zona di una certa tensione planetaria, tra Cina, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud. Il tifone influisce in qualche modo sulle relazioni internazionali?
Le Filippine hanno un Pil da 200 miliardi di euro, che cresce al ritmo del 4-5% l’anno, grazie anche alle rimesse degli immigrati. Le annate con i cicloni, frequenti, costano un 5 punti di prodotto interno lordo, cioè in questo caso una decina di miliardi. A parte la tragedia umana, grazie anche agli aiuti internazionali, ne usciranno fuori presto, anzi, la catastrofe potrebbe fare da volano a una ripresa economica ancora più forte. Quanto alle tensioni, la guerra civile col Fronte di Liberazione Islamico Moro (120 mila morti) è finita l’anno scorso con una pace che concede molta autonomia ai Mindanao (per capirci: è una storia tipo la Catalogna con la Spagna). I protettori di Manila sono gli americani, a suo tempo colonizzatori dell’arcipelago (settemila isole) che ora adoperano come avamposto anti-cinese. Quello che aiuta i filippini è soprattutto il credito finanziario di cui godono nel mondo: Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch ne hanno rialzato il rating proprio quest’anno.
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