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I corsivi di sabato
Lezioni
La Stampa
Roberto Maroni ha aperto
una scuola di politica,
le lezioni saranno tenute
da D’Alema, Bersani,
Gentiloni, Letta, Tremonti…
3.500 euro
per imparare a perdere.
Roberto Maroni ha aperto
una scuola di politica,
le lezioni saranno tenute
da D’Alema, Bersani,
Gentiloni, Letta, Tremonti…
3.500 euro
per imparare a perdere.
Jena
Parole
il Giornale
Salvini come Pasolini. Eresia? No. Divennero «Beni artistici e storici» (sic) ed erano «Belle Arti»; divenne «fruizione», ed era «godimento». Erano luoghi, ville, castelli, palazzi: sono diventati «location». Così si è pervertito il linguaggio, fino a imbarbarirlo, disumanizzarlo, burocratizzarlo. Perché gli uomini sono mortificati, intimiditi, asserviti da autovelox, bisognosi di tutors. E pronti a piegare il capo non al potere politico, defunto, ma alla burocrazia, apparentemente neutrale, insidiosa, sfinente. La «patente a punti» come i «crediti» scolastici. Parole morte, senz’anima, legate a visioni materialistiche.
Ora attaccano «padre» e «madre», per farli diventare, in nome della morte e della famigerata uguaglianza di genere, «genitore 1» e «genitore 2». Vigliacchi. Non l’amore materno, ma l’atto sessuale. Mio figlio mi chiama «genitore», considerandomi un cattivo padre. Non padre per scelta, semplicemente genitore. Ha ragione. Ma un ministro-padre, finalmente, non ci sta. Non accetta di essere umiliato nei suoi sentimenti. Di essere chiamato dal figlio: «Genù!». Orrore.
«Sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità, ci sono genitore 1 e genitore 2. L’ho fatto modificare, ripristinando madre e padre». Pasolini avrebbe fatto lo stesso.
Che non ci facciano chiamare il «mare» «contenitore d’acqua» e il «cielo» «spazio aereo». Dalla poesia alla prosa il passo è breve.
Ora attaccano «padre» e «madre», per farli diventare, in nome della morte e della famigerata uguaglianza di genere, «genitore 1» e «genitore 2». Vigliacchi. Non l’amore materno, ma l’atto sessuale. Mio figlio mi chiama «genitore», considerandomi un cattivo padre. Non padre per scelta, semplicemente genitore. Ha ragione. Ma un ministro-padre, finalmente, non ci sta. Non accetta di essere umiliato nei suoi sentimenti. Di essere chiamato dal figlio: «Genù!». Orrore.
«Sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità, ci sono genitore 1 e genitore 2. L’ho fatto modificare, ripristinando madre e padre». Pasolini avrebbe fatto lo stesso.
Che non ci facciano chiamare il «mare» «contenitore d’acqua» e il «cielo» «spazio aereo». Dalla poesia alla prosa il passo è breve.
Vittorio Sgarbi
Capatonda
Corriere della Sera
Quando la generalista va in vacanza, è un ottimo momento per dedicarsi alle infinite possibilità dell’on demand, anche oltre i confini di Netflix. Per esempio, Maccio Capatonda (al secolo Marcello Macchia) ha realizzato per l’area «Generation» della piattaforma online di Sky, Now TV, una serie in otto episodi intitolata The Generi, pensata per il pubblico giovane che da sempre segue Maccio. L’idea è questa: Maccio interpreta una nuova maschera, quella di Gianfelice Spagnagatti, un quarantenne «sfigato» che per insicurezza e frustrazione ha organizzato la sua vita in modo da non dover più uscire di casa e interagire con altre persone fisiche. Telelavoro, cibo a domicilio, home shopping e via così in un completo ripiegamento su se stesso. Improvvisamente, quasi fosse una nemesi per il suo stile di vita dopo l’ennesima rinuncia alla socialità, viene catapultato in un viaggio incredibile all’interno di una realtà parallela. In ogni episodio dovrà spingersi oltre la sua «comfort zone» e affrontare avventure che lo costringeranno a passare dalla passività al decisionismo.
Tutto qui? No, la trama di ogni episodio è ambientata all’interno di uno specifico genere cinematografico, riprendendone caratteristiche e stilemi: il western, l’horror alla Scream, il noir alla Casablanca, ma anche le commedie delle docce all’italiana stile Lino Banfi e Alvaro Vitali.
L’approccio «meta» si sa può essere molto scivoloso: detto onestamente, Maccio ha dimostrato in passato una grande capacità di raccontare vizi e manie dell’italiano medio, anche giocando su un registro fortemente demenziale. In questo caso invece ci sono alcuni episodi più riusciti di altri (quello horror), ma la chiave di The Generi pare a tratti troppo di «testa»: nonostante il grande sforzo produttivo (la serie è realizzata da Lotus) il racconto fatica a ingranare e la comicità a graffiare.
Tutto qui? No, la trama di ogni episodio è ambientata all’interno di uno specifico genere cinematografico, riprendendone caratteristiche e stilemi: il western, l’horror alla Scream, il noir alla Casablanca, ma anche le commedie delle docce all’italiana stile Lino Banfi e Alvaro Vitali.
L’approccio «meta» si sa può essere molto scivoloso: detto onestamente, Maccio ha dimostrato in passato una grande capacità di raccontare vizi e manie dell’italiano medio, anche giocando su un registro fortemente demenziale. In questo caso invece ci sono alcuni episodi più riusciti di altri (quello horror), ma la chiave di The Generi pare a tratti troppo di «testa»: nonostante il grande sforzo produttivo (la serie è realizzata da Lotus) il racconto fatica a ingranare e la comicità a graffiare.