Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il “Corriere della Sera” ha messo a segno un bello scoop e riacceso, quindi, uno dei fronti più caldi della nostra vita politica attuale, quello del bombardamento contro Giorgio Napolitano.
• La nostra vita politica vive di fronti, fronti di guerra voglio dire. Che cosa ha fatto di nuovo Napolitano?
Secondo un libro scritto dal giornalista economico Alan Friedman (Ammazziamo il Gattopardo, Rizzoli, in vendita da domani) Napolitano avrebbe scelto di tentare la carta Monti per un nuovo governo non nel novembre 2011, ma almeno in giugno. Monti, sondato dal Quirinale, si consultò con Romano Prodi a giugno, poi con Carlo De Benedetti ad agosto, per farsi consigliare sul da farsi. Prodi gli disse: «Non puoi far nulla per diventare capo del governo, ma se ti chiamano non puoi dire di no. Quindi non ci può essere al mondo un uomo più felice di te». De Benedetti ha invece raccontato a Friedman che consigliò Monti di accettare senz’altro se la proposta gli fosse arrivata a settembre, e di dire di no se gliel’avessero fatta a dicembre. «A dicembre non c’è più tempo, è una roba che devi fare subito». Quindi De Benedetti, in agosto sapeva già, o credeva di sapere, che l’Italia era alla bancarotta, circostanza che Berlusconi ha sempre negato.
• La notizia di questi sondaggi del Quirinale è proprio vera? Sicuro?
È vera. Ha detto che è vera lo stesso Monti, sorpreso per la meraviglia che la rivelazione ha suscitato. L’ha confermata poi lo stesso Napolitano, al culmine della canea con cui ieri gli ambienti politici hanno accolto la rivelazione. Forza Italia sta valutando la possibilità di aderire alla richiesta di impeachment dei grillini. Napolitano ha risposto con una lettera al “Corriere della Sera” che il giornale pubblica stamattina. Ecco i passaggi chiave: «Nessuna difficoltà a ricordare di aver ricevuto nel mio studio il professor Monti più volte nel corso del 2011 e non solo in estate» perché «era un prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria» e perché appariva «una risorsa da tener presente e, se necessario, da acquisire al governo del Paese». I «veri fatti» del 2011 «sono noti e incontrovertibili» e «si riassumono in un sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008», che ha portato alle dimissioni di Silvio Berlusconi e a una «larga convergenza» sul conferimento a Monti «dell’incarico di formare un nuovo governo». Quell’anno, dice ancora Napolitano, fu «tormentato» e «le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di ‘complotto’ sono fumo, soltanto fumo».
• In effetti, che male ci sarebbe ad aver consultato Monti già a giugno?
Monti venne nominato senatore a vita il 9 novembre 2011 e chiamato a Palazzo Chigi una settimana dopo. È vero che in quel momento i partiti erano d’accordo, ma a giugno? Che cosa significa esattamente l’espressione «larga convergenza» usata dal presidente nella lettera di ieri? Si direbbe una forzatura. D’altra parte è una forzatura anche l’intemerata dei berlusconiani che ieri hanno diffuso questo comunicato, a firma Brunetta-Romani (i due capigruppo): «Apprendiamo con sgomento che il capo dello Stato, già nel giugno del 2011, si attivò per far cadere il governo Berlusconi e sostituirlo con Mario Monti». Quel «per far cadere il governo Berlusconi» è un’esagerazione. Si può dire invece, e appare meno drammatico: Napolitano valutò per tempo una soluzione alternativa nel caso Berlusconi fosse caduto. Il 2011 è l’anno in cui lo spread arrivò al record di 574 punti e in cui l’Europa ci chiese, con lettera firmata Trichet-Draghi, sacrifici feroci per evitare il disastro. Ora, nella logica di Berlusconi e dei suoi, squadernata però più di un anno dopo, quello fu tutto un complotto, lo spread una montatura e le mosse di Napolitano una studiata manovra contro di lui. Il verso per il quale il centro-destra piglia adesso le rivelazioni di Friedman è abbastanza ovvio.
• L’impeachment, se aderisse anche Forza Italia, può riuscire?
Non hanno i voti. La messa in stato d’accusa a camere riunite, come prevista dal secondo comma dell’artico 90 della Carta, avrebbe un clamore enorme ma vedrebbe i contrari in maggioranza. Almeno sulla carta...
• L’accusa ha comunque qualche fondamento?
Nessun fondamento, direi. Intanto, la nostra Carta non prevede alcuna consultazione dei partiti da parte del Capo dello Stato. La lunga consultazione di tutti quanti è solo una pratica diventata comune per volontà delle sdegreterie e di presidenti troppo timidi. Il Presidente della Repubblica, nella nomina del capo del governo, può davvero fare come vuole. Articolo 92, secondo comma: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». E questo è tutto, a parte il dettaglio (articolo 94) che «il Governo deve avere la fiducia delle due Camere». L’unica accusa possibile al Capo dello Stato è poi l’altro tradimento. E in favore di chi, in questo caso, la Patria sarebbe stata tradita?
(leggi)