Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è una specie di Beppe Grillo anche in Svizzera. Si chiama Thomas Minder, ha 52 anni, viene da Sciaffusa, non fa politica per mestiere (è un manager), è entrato tuttavia in Parlamento nonostante non appartenga a nessun partito grazie a un’unica battaglia: farla finita con i superstipendi dei manager. Minder, bell’uomo, molto sportivo, appassionato di ornitologia, ha lungamente battagliato con le autorità del suo paese per varare un referendum che togliesse ai consigli d’amministrazione delle società quotate in Borsa il potere di decidere gli stipendi propri e quelli della prima linea manageriale. La sua idea è che questi compensi debbano essere fissati dai soci e non dai consigli d’amministrazione.
• Che differenza c’è?
Mi faccia finire. Il referendum s’è svolto sabato scorso e i risultati si sono saputi ieri. Circa il 70% degli elettori ha detto sì alla proposta Minder, ben conosciuta perché da parecchi mesi in quel paese quasi non si parla d’altro (ha fatto campagna, in particolare, il quotidiano popolare Blick). Non solo: ma trattandosi di un refererndum costituzionale, era necessario che dicessero di sì anche i 24 cantoni. Ebbene, anche a livello cantonale la maggioranza è stata raggiunta. Adesso il Parlamento dovrà scrivere una norma nel senso voluto dai cittadini: gli stipendi dei manager non potranno più essere decisi dai consigli d’amministrazione, ma dai soci.
• I soci sarebbero i padroni e i consigli d’amministrazione sarebbero il governo dell’azienda? Che può benissimo non coincidere con i padroni-azionisti?
Proprio così. Se lei compra un’azione Fiat diventa socio di quella casa automobilistica. Cioè ha (teoricamente) il diritto di sedersi al tavolo con tutti quelli che possiedono qualche azione Fiat. Come immaginerà, si tratta di milioni di persone. Ebbene se una norma simile a quella che hanno appena approvato in Svizzera valesse anche da noi, lo stipendio di Marchionne – per esempio - sarebbe deciso da lei e dagli altri milioni di azionisti Fiat e non più dal consiglio d’amministrazione dell’azienda (che peraltro è eletto dai soci). Dice Minder: «Voglio semplicemente che gli azionisti si assumano la responsabilità del sistema salariale. Se gli azionisti vogliono buttare dalla finestra i soldi dell’azienda approvando salari eccessivi è un problema loro».
• Siamo sicuri che in questo modo non ci sarebbero più stipendi-scandalo?
Io non ne sono così sicuro. Ma in ogni caso: dietro la battaglia di Minder c’è anche una questione personale. Minder e la sua famiglia possedevano la Trybol AG che riforniva di dentifrici la Swissair. Fallita la Swissair, la Trybol entrò in crisi perché i dentifrici non vennero più pagati. Mentre lui e i suoi s’arrabattavano per uscirne vivi, l’amministratore delegato di Swissair, Mario Corti, concordava una liquidazione milionaria. E, al momento di assumere la carica, s’era fatto pagare, per sicurezza, cinque annualità anticipate. Ci sono una quantità di casi simili in Svizzera, in America, in Inghilterra e in tutto il mondo capitalistico, compresa l’Italia. Contro queste pratiche, particolarmente odiose quando vanno a beneficio dei banchieri – dato che è dei banchieri la principale responsabilità della crisi in cui ci troviamo –, s’è mossa adesso anche l’Unione europea. Cioè: non bisogna credere che il disgusto che da noi ha riempito le urne del Movimento 5 Stelle sia un caso solo italiano.
• Che cosa ha deciso l’Unione europea?
Giovedì scorso, in una riunione congiunta, Commissione, Parlamento e Consiglio Ue hanno raggiunto un’intesa di massima per limitare i bonus dei banchieri. I dettagli saranno discussi all’Ecofin di domani. Secondo questo accordo, i bonus non potranno valere più del doppio di uno stipendio mensile. Gli inglesi sono contrarissimi, con l’argomento che in questo modo i manager migliori se ne andranno a lavorare da qualche altra parte. In America certi manager hanno già fatto bella figura tagliandosi pubblicamente i bonus. Badando però bene ad aumentarsi lo stipendio della quota perduta. Il totale tra parte fissa e parte mobile è rimasto lo stesso.
• Non è ragionevole l’obiezione che gli stipendi premiano un valore e che se di questo valore c’è scarsità è inevitabile – anche se magari non è giusto – che siano molto alti?
Stiamo ragionando su un quotidiano sportivo e sappiamo quanto pretendano, per la loro arte, per esempio i calciatori. Il suo ragionamento filerebbe se i supercompensi dei supermanager avessero un corrispettivo nei risultati raggiunti. Ma ci sono troppi casi, invece, che testimoniano il contrario: gente che ha portato al fallimento la sua azienda e che ha preteso poi lo stesso un mucchio di soldi. Le faccio un esempio a caso: l’americana Aig, una compagnia d’assicurazione che bisognò salvare con un intervento pubblico da 180 miliardi di dollari. I vertici però elargirono lo stesso a se stessi gratifiche, oltre agli stipendi, per 165 milioni di dollari. Se vince Grillo, in Italia e nel mondo, una ragione c’è.
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