Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Si strologa, adesso, sul significato degli alti ascolti registrati in tv dal discorso di Napolitano: in Rai +12,2% sull’anno scorso (7 milioni e 149 mila contro 6 milioni 373 mila) e sulla 7 +2,8% (678 mila contro 692 mila). In tutto 9 milioni 981 mila contro 9 milioni 702 mila. Il che insaporisce ancora di più il dato del berlusconiano Canale 5, dove invece il numero di spettatori è sceso di 460 mila unità. Questo confermerebbe che il dato sull’ascolto ha un significato politico, dato che Forza Italia fa da parecchie settimane campagna contro il Quirinale.
• Forse no, però. Siccome quelli che fanno la guerra al Quirinale avevano invitato a non sintonizzarsi sul discorso e siccome contro Napolitano sta sparando un’artiglieria composita e assai rumorosa (Grillo, Berlusconi, la Lega), c’era anche curiosità su quello che avrebbe detto.
È possibile anche questa lettura. Che mostra in ogni caso come al centro di tutto il sistema sia a questo punto proprio il Capo dello Stato, e questo solo fatto dice che siamo in un territorio extracostituzionale. Secondo la nostra Carta il presidente della Repubblica è “irresponsabile”, cioè non ha responsabilità politica, quindi non può fare politica e deve limitarsi, in un certo senso, agli atti dovuti. Può solo rivolgere discorsi motivati al Parlamento oppure rifiutare la firma a una legge, che dovrà però obbligatoriamente apporre se le Camere insistono. Invece adesso tutti i giochi sono in mano al capo dello Stato, non c’è niente da fare. E può darsi che questo, agli italiani, vada benissimo. Una cosa che capiremo nel 2014.
• Se agli italiani va bene il comportamento di Napolitano, allora Grillo e gli altri non hanno capito niente. Ma qual è il passaggio chiave del discorso?
Questo: «Ho assolto il mio mandato raccogliendo preoccupazioni e sentimenti diffusi tra gli italiani. E sempre mirando a rappresentare e rafforzare l’unità nazionale, servendo la causa del prestigio internazionale dell’Italia, richiamando alla correttezza e all’equilibrio nei rapporti tra le istituzioni e i poteri dello Stato. Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale. Sono attento a considerare ogni critica o riserva obiettiva e rispettosa circa il mio operato. Ma in assoluta tranquillità di coscienza vi dico che non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, ingiurie e minacce. Resterò presidente fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo farà ritenere necessario e possibile, e fino a quando le forze me lo consentiranno. Fino ad allora, e non un giorno di più. E dunque di certo solo per un tempo non lungo. Tutti sanno, anche se qualcuno finge di non ricordare, che il 20 aprile scorso, di fronte alla pressione esercitata su di me da diverse ed opposte forze politiche affinché dessi la mia disponibilità a una rielezione a presidente, sentii di non potermi sottrarre a un’ulteriore assunzione di responsabilità verso la nazione in un momento di allarmante paralisi istituzionale. Null’altro che questo mi spinse a caricarmi di un simile peso, a superare le ragioni, istituzionali e personali, da me ripetutamente espresse dando per naturale la vicina conclusione della mia esperienza al Quirinale. E sono oggi ancora qui dinanzi a voi ribadendo quel che dissi poi al Parlamento e ai rappresentanti regionali che mi avevano eletto col 72 per cento dei voti».
• Quindi resta ancora per poco. Ha detto: «Certo, solo per un tempo non lungo». Quanto «non lungo» potrebbe essere?
Lei mi chiede di fare profezie sul 2014. Il fatto è che Napolitano potrebbe /dovrebbe lasciare una volta che le riforme fossero approvate (scopo raggiunto), ma anche una volta che le riforme fossero chiaramente non approvate (protesta contro i partiti traditori).
• Di quali riforme stiamo parlando, in particolare?
Della riforma elettorale. I partiti dicono adesso di voler aspettare le motivazioni della sentenza con cui la Corte ha dichiarato incostituzionale un pezzo del Porcellum. Ma è una scusa: se ne sa già abbastanza per affermare che la nuova legge non potrà assegnare premi di maggioranza a partiti o coalizioni che non prendano intorno al 40% dei voti. E che bisognerà far scegliere gli eletti agli elettori (quindi preferenze o maggioritario). In realtà, nessun partito vuole approvare le proposte degli altri e dunque il percorso più probabile sembrerebbe quello di una riforma che passa alla Camera e poi viene bocciata al Senato. La pubblicazione delle motivazioni della sentenza renderà inoltre più forte il discorso di Grillo sulla incostituzionalità del Parlamento attuale e delle sue scelte, dunque anche della scelta relativa alla rielezione di Napolitano. A quel punto il presidente potrebbe dimettersi quasi per scongiurare un nuovo voto, la cui responsabilità ricadrebbe sul successore (e non è detto che Renzi voglia testare una seconda volta Prodi). Oppure, sciogliere il Parlamento e dimettersi subito dopo. A naso, non sembra che ci sarà un nono discorso di fine anno. E anche il governo Letta mi pare più di là che di qua. Sono in troppi a volerne la caduta.
• E l’impeachment agitato da Grillo?
Quello non sta in piedi. Si può condividere o meno quello che Napolitano ha fatto o fa. Ma mandarlo di fronte alle Camere per un procedimento d’accusa di alto tradimento...
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