Gazzetta dello Sport, 15 marzo 2017
I bulletti di Vigevano
A Vigevano i carabinieri hanno sgominato una gang di ragazzini quindicenni che violentavano e picchiavano coetanei...
• «Sgominato»? «Gang»? Che razza di linguaggio adopera? Se si tratta di quindicenni che facevano i bulli gli si può al massimo dare dei «cretini» e subito dopo, però, ammettere che, paradossalmente, sono vittime anche loro della cattiva educazione e dei messaggi dai quali siamo bombardati, anche dal mondo dello sport, dove la gentilezza, la tenerezza, la buona educazione, il fair play, il rispetto sono considerati roba da vecchi o da smidollati. Scommetto che i quattro scemi in questione sono figli di ricchi
Va bene, va bene, ho sbagliato, ricominciamo da capo, ho scritto «gang» eccetera perché influenzato dal verbale dei carabinieri dove leggiamo che si tratta della «baby gang delle stazioni ferroviarie». Lei ha ragione anche nel definirli «cretini» o «scemi», ed è un peccato che la maledetta legge sulla privacy - mai abbastanza esecrata - ci impedisca di entrare nelle loro case, conoscere i padri e le madri (massimamente colpevoli), vedere i salotti o i tinelli e le camerette e gli idoli relativi appiccicati alle pareti.
• Sentiamo il fatto nudo e crudo.
Il fatto nudo e crudo, per come ce l’hanno raccontato, è questo. Dieci o dodici ragazzini tormentavano alcuni compagni di scuola, profittando della loro debolezza, o timidezza. I carabinieri l’hanno saputo, lo hanno comunicato alle famiglie delle vittime spingendole a presentare querela, la querela è arrivata, quattro di questi ragazzini, quindicenni, cioè in età per finire in cella, sono stati arrestati e denunciati per concorso in violenza sessuale, riduzione in schiavitù, violenza privata aggravata per lo stato di minorità in cui hanno approfittato delle loro vittime e pornografia minorile. Quello che combinavano - specie la violenza sessuale - pareva a costoro degno di gloria, e quindi veniva caricato sui siti social e mostrato a tutti.
• Di che brutalità stiamo parlando?
I carabinieri fanno sapere che c’era, come quasi sempre in questi casi, una vittima preferita. Questo poveretto ci teneva a restare in mezzo ai suoi finti amici, che devono essergli sembrati grandi e forti, e proprio questa sudditanza ha dato la stura agli scherzi più feroci. L’hanno fatto ubriacare, gli hanno messo una catena al collo, l’hanno portato in giro per le strade di Vigevano come se fosse un cane, intanto lo filmavano con i cellulari e mostravano a tutti la gogna. Un’altra volta - cinque contro uno - l’hanno afferrato con forza, denudato, tenuto appeso per le gambe a testa in giù sopra un ponte e poi violentato con una pigna. Anche questa impresa è stata filmata. La mamma dell’infelice ha tentato di tenere il figlio lontano dalla banda, ma quelli lo braccavano e probabilmente il figlio percepiva l’allontanamento come un’esclusione o una prepotenza della madre. Due ragazzi che avevano denunciato le prepotenze di questi qui sono stati fatti segno a una spedizione punitiva di massa, con calci e pugni, interrotta per l’intervento di un genitore.
• Perché «baby gang delle stazioni ferroviarie»?
I carabinieri hanno perquisito gli appartamenti dei piccoli delinquenti e hanno trovato e sequestrato diversi martelletti frangivetro rubati dalle carrozze dei treni. Sono stati accertati anche diversi episodi di danneggiamento e vandalismo ai danni di alcuni convogli ferroviari: rottura di vetri, lancio di sassi, imbrattamento delle carrozze, anche con l’utilizzo degli estintori. A ottobre, alcuni di loro avevano anche lanciato sassi contro un treno regionale.
• Famiglie ricche?
Vigevano, anche se le scarpe non rendono più come un tempo e la metalmeccanica non fa i fatturati che la città metteva a segno negli anni Sessanta e Settanta, resta una città ricca. A quello che abbiamo capito, i genitori di questi disgraziati sono in genere professionisti. Nessuna meraviglia: spesso i bulli escono dai salotti della gente per bene, qualche volta anche molto per bene. Al San Carlo di Milano, dove si pagano rette da ottomila euro l’anno e dove insegna anche Alessandro D’Avenia, lo scrittore del best-seller su Leopardi, quattro ragazzini di dieci anni hanno intimato a una loro compagna di sette anni di chinarsi per terra per raccogliere della carta con la bocca e quando quella s’è rifiutata l’hanno presa a calci finché non l’hanno vista vomitare. Portata in ospedale è risultato che le avevano rotto una costola. Il motivo di questa prepotenza era che «le donne non studiano, ma puliscono il pavimento». Il rettore dell’istituto ha sostenuto che s’è trattato di «normali dinamiche di gioco».