Libero, 2 febbraio 2017
Il governo si ruba i soldi del canone Rai
È un po’ come ritrovarsi al punto di partenza dopo aver fatto il giro di tutte le caselle. Com’eri e come ti ritrovi. Ecco, grosso modo questo è quello che toccato in dote alla Rai con il canone in bolletta, voluto dall’ex premier, Matteo Renzi, e messo in pratica dal sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli. Quel provvedimento, per come era stato «venduto» dal precedente governo, avrebbe dovuto sistemare una volta per tutte i conti della tv pubblica. In realtà si è trattato di un gioco di prestigio per rimpinguare la fiscalità generale. Insomma, una boccata d’ossigeno per le casse dello Stato, più che per Viale Mazzini.
A fotografare la situazione è il Report sui maggiori operatori televisivi italiani (Mediaset, Sky Italia, Rai, Discovery Italia e La7) dell’Area studi di Mediobanca, che ha messo in luce come il canone in bolletta ha ridotto l’evasione dal 30% al 6%, ma ha avuto un impatto neutro sui conti dell’emittente pubblica, visto che degli oltre 2 miliardi di introiti derivanti dal canone del 2016, cifra stimata dall’Agenzia delle Entrate, a viale Mazzini ne restano solo 1,7 miliardi di canone ordinario. Quanto basta gettare nel panico il vertice aziendale, costretto già a parlare di tagli e ridimensionamenti. Come spiega dettagliatamente lo studio di Mediobanca, il governo scippa a Viale Mazzini una bella fetta di introiti grazie al 5% trattenuto dallo Stato in base alla Legge 190 del 2014, il 33% di extra-gettito da destinare all’Erario, a cui vanno aggiunti tassa di concessione governativa e Iva.
La «fetta» di competenza della Rai è destinata ad assottigliarsi ulteriormente nel 2017 dato che la tariffa scende a 90 euro mentre aumenta l’aliquota sull’extra gettito. Secondo la stima di Mediobanca l’ammontare è destinato a scendere a 1,6 miliardi di euro, toccando il livello minimo dal 2010 ad oggi. In pratica il parametro si attesta al di sotto della soglia dell’era pre-bolletta. La stessa Rai nei conti semestrali ha stimato che la quota di competenza aziendale sarà di 83,68 euro per abbonato nel 2016 e scenderà a 75,81 nel 2017. Nel 2015, ultimo esercizio precedente la riforma, la Rai aveva registrato ricavi da canone per 1,637 miliardi.
Ma se Viale Mazzini piange, le altre emittenti non ridono. Nel quinquennio 2011-2015 l’industria televisiva ha registrato una contrazione dei ricavi pari a 1,4 miliardi di euro (il 13,5% in meno stimato in 8,5 miliardi complessivi) dovuto essenzialmente a una flessione del 25% del mercato pubblicitario per circa un 1,2 miliardi di euro. L’Area studi di Mediobanca ha calcolato in 860 milioni di euro le perdite cumulate nel quinquennio dai cinque principali operatori televisivi (Sky, Mediaset, Rai, La7, Discovery) che rappresentano il 90% dei ricavi televisivi nazionali.
Alla luce dei dati di Mediobanca l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, lancia il grido d’allarme. «La distrazione dei ricavi da canone per finalità diverse dal finanziamento del Servizio Pubblico sta sterilizzando la positiva operazione del canone in bolletta», afferma in una nota l’organizzazione di categoria, «nei fatti si riporta la Rai indietro di 7 anni. Il taglio strutturale del 5%, la distrazione del 50% del recupero dell’evasione ad altri fini, e la contestuale riduzione a 90 euro, sono una miscela esplosiva. Se non si vuole mettere in ginocchio l’azienda, è urgente un intervento di governo e Parlamento». Per il neo vicesegretario generale di Palazzo Chigi, Nino Rizzo Nervo, ex uomo Rai e, di fatto, ufficiale di collegamento fra governo e viale Mazzini, davvero una bella partenza.