La Stampa, 31 gennaio 2017
Pansa: «Il traffico di profughi è il nuovo business dell’Isis»
L’intelligence italiana ha sempre più gli occhi puntati su quanto accade nel Medio Oriente e il Nord Africa. E le emergenze sembrano saldarsi. Ma davvero immigrazione e terrorismo sono una cosa sola? «No», dice il prefetto Alessandro Pansa, direttore dei nostri servizi segreti. «Quale responsabile dell’intelligence, credo di avere per prima cosa il dovere di domandarmi se davvero il fenomeno delle migrazioni sia, per sua natura, collegato intimamente ed irrimediabilmente alla dimensione della sicurezza. Personalmente ritengo che non lo sia».
Epperò il rischio di una contaminazione tra immigrazione incontrollata e infiltrazione del terrorismo esiste e i nostri 007 non lo sottovalutano. «Daesh è in grave arretramento. Le sue fonti di finanziamento, in primis il contrabbando di petrolio e il traffico di reperti archeologici, sono destinate a inaridirsi. È verosimile che Daesh prenda in considerazione il traffico di esseri umani come nuova fonte di reddito».
Il prefetto Pansa ieri era a Napoli a parlare di Africa, «dell’immigrazione come rischio e opportunità», ospite delle cinque università partenopee che hanno avviato una collaborazione di studi con il Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza). Una collaborazione tra accademia e intelligence che è nuova per l’Italia, di stampo british. Ecco, di fronte a rettori e professori, Pansa ha tratteggiato qual è una delle principali sfide per l’Italia. «In Africa – ha detto – la filiera del traffico di esseri umani è anche una fonte di finanziamento per alcuni gruppi terroristici. Sul campo è nato un partenariato tra compagini criminali e organizzazioni terroristiche».
A fronte di un’alleanza oscura che minaccia di inondare l’Europa con milioni di altri migranti, l’Italia rilancia la sua proposta di un Migration Compact, ossia di una serie di accordi bilaterali con diversi Paesi africani, sia del Maghreb, sia della fascia sub-sahariana «per aggredire alle radici il fenomeno della migrazione».
Per riuscirci, però, occorre molto sangue freddo e capacità di governare il fenomeno. «Qualora vedessimo l’immigrazione – dice ancora il capo dei nostri 007 – sempre e comunque come un problema, finiremmo col coagulare su di essa timori, agitazioni, apprensioni, equivoci, ci ritroveremmo ad evocare un mondo “alla Carl Schmitt”, basato sulla divisione fra “amici” e “nemici”. Ma per la comunità intelligence, che oggi rappresento, un’arena dove tutto è conflitto, dove non ci si può accostare a nulla se non in chiave securitaria, sarebbe proprio il più indesiderabile degli incubi».
Che queste parole non sembrino però una critica, nemmeno larvata, alle scelte odierne dell’Amministrazione Trump. «Non mi permetterei». Di certo i nostri servizi segreti non sono sorpresi che il nuovo Presidente sia passato dalle parole ai fatti. «Ce lo aspettavamo».