La Stampa, 13 dicembre 2016
«Per Mosca un’operazione geopolitica che non ha senso economico». Intervista a Guy Caruso
«Io penso che dietro a questo accordo ci sia qualcosa di più grande». Guy Caruso, analista dell’«Energy and National Security Program» al «Center For Strategic and International Studies», una vita passata ad occuparsi di energia prima alla Cia, e poi come amministratore della «Us Energy Information Administration», non si ferma al comunicato stampa. Secondo lui, i dettagli dell’accordo con cui l’Eni ha ceduto a Rosneft il 30% del giacimento di gas al largo dell’Egitto nascondono progetti più ampi.
Perché ha questa opinione?
«Cominciamo a fare un’analisi basata sul presupposto che si tratti solo di affari. Una compagnia russa, dove il gas naturale abbonda, spende oltre un miliardo di dollari per acquistare una partecipazione del 30% in un giacimento nel Mediterraneo. D’accordo, potrebbe trattarsi solo di questo. In termini puramente numerici, però, non ha molto senso. Non siamo neppure sicuri che ci sarà abbastanza domanda per tutto questo gas, che comunque alla Russia non manca».
Allora di cosa si tratta? Una manovra geopolitica per mettere un piede nel Mediterraneo?
«Questa forse è una motivazione migliore, ma spiega l’operazione solo in parte. Infatti la Russia, soprattutto grazie all’intervento in Siria, ha messo molto più di un piede nel Mediterraneo. È vero che l’Egitto ha un ruolo strategico diverso, ma il 30% di partecipazione ad un simile progetto non offre a Mosca una grande leva. Sì, è utile per essere presenti nella regione, ma non in maniera così determinate».
Allora quale può essere la ragione di fondo dell’operazione?
«Non posso saperlo con certezza, ma sospetto che sia legata ad un generale riallineamento nel mondo dell’energia. Dalla Libia all’Iraq, dall’Ucraina a Israele, sono in corso molti movimenti, ma il più grande di tutti è probabilmente il ritorno dell’Iran sul mercato, dopo l’accordo nucleare. Non mi stupirei se questa intesa fosse parte di uno scambio che riguarda il riassetto dell’intero scacchiere energetico, oltre al business specifico dell’Egitto e alla volontà del Cremlino di mettere un altro piede nel Mar Mediterraneo».
Donald Trump non è ancora entrato in carica come presidente degli Stati Uniti, ma ha detto con chiarezza che intende rilanciare il dialogo con la Russia. Secondo lei le relazioni stanno già mutando?
«Diciamo che fino a qualche tempo fa qualunque intesa con Mosca veniva vista con sospetto, se non apertamente osteggiata. La crisi ucraina, con le sanzioni che ha generato, dominava le relazioni con Putin, e tutto veniva visto attraverso quella lente. Ogni passo verso il Cremlino, dunque, era considerato come una potenziale minaccia. Ora il clima sta cambiando. Non so se questo si possa già mettere in relazione alla mossa compiuta dall’Eni, ma nei prossimi mesi ci troveremo ad operare quanto meno in una fase più fluida».