Corriere della Sera, 8 novembre 2016
La vincita è improbabile
Tutte le volte che Diego Rizzuto e Paolo Canova incontrano i ragazzi a lezione fanno un gioco (apparentemente) molto poco educativo: digitare un numero telefonico di Torino a caso e chiedere del portiere della Nazionale Gigi Buffon. Dal 2009 ha risposto un solo Gigi, e non era Buffon. «La probabilità di indovinarlo è di una su 10 milioni – dice Rizzuto —. Se sembra poco, consideri che quella di vincere al Superenalotto con la giocata minima è una su 622 milioni». Rizzuto, 36 anni, è un matematico, Canova, 40, un fisico. Torinesi, sono divulgatori scientifici: hanno iniziato usando il gioco per spiegare la matematica nelle scuole, ora li chiamano Asl, aziende ed enti locali per prevenire la dipendenza dall’azzardo con la matematica. «Per ogni gioco è possibile calcolare prima quanto si perderà. Tutti sanno che il banco vince sempre – aggiunge Canova —. Ma quasi nessuno si rende conto di quanto».
L’esempio più facile, anche per chi con la matematica ha poca familiarità, è la roulette francese. «Ci sono 18 numeri rossi e 18 neri: sembra un gioco equo, con le stesse probabilità di vincere e perdere. Ma non è così – spiega Rizzuto —. C’è anche lo zero: se si scommette un euro sul rosso, a ogni puntata i casi perdenti sono 19, quelli vincenti 18 (lo stesso vale per il nero). In media su 37 giocate si perde sempre una volta di più». Questa piccola discrepanza cambia tutto. «Significa che perdiamo un euro ogni 37 che giochiamo – prosegue Canova —. Che equivale 3 centesimi a giocata. Quei tre centesimi sono la perdita media a puntata della roulette francese». Ovvero il vantaggio che il banco ha su chi tenta la sorte.
Il paradosso, così, è che più si scommette più si perde: «La nostra psicologia invece ci spinge a pensare il contrario, perché maggiore è la perdita, più siamo portati a sperare nella vittoria che nella nostra mente dovrebbe risarcirci di quanto abbiamo perso».
La perdita media nei giochi d’azzardo che compriamo dal tabaccaio è ancora più alta di quella della roulette. «Il gratta e vinci più popolare, il “Nuovo Il Miliardario”, costa 5 euro e ha un premio massimo di 500 mila – dice Canova —. Lì la perdita media a giocata è 30 centesimi per euro: quindi di 1,5 euro a tagliando». E in molti casi la possibilità di vincere si riduce allo zero: «Succede con i gratta e vinci a tiratura limitata dopo che qualcuno si è aggiudicato il primo premio – chiarisce Rizzuto —. Per esempio “Occasione preziosa”: un biglietto sui 3 milioni stampati permetteva di vincere 10 milioni di euro. È stato giocato a Desio a settembre. Gli altri sono rimasti in vendita, ma ora non hanno alcuna possibilità di ottenere il montepremi più alto. Ma la gente li compra lo stesso perché non lo sa. Negli Stati Uniti e in Canada i gratta e vinci rimasti vengono ritirati, in Italia no».
E allora perché, in barba a tutte le probabilità, c’è chi vince lo stesso al Superenalotto? Due settimane fa a Vibo Valentia si sono portati a casa 163,5 milioni di euro indovinando anche il numero superstar. La probabilità che ci riuscissero era una su oltre 56 miliardi. Ma è successo. «C’è un tale, Roy Sullivan, che è stato colpito 7 volte da un fulmine. È sopravvissuto tutte e 7. Poi è morto suicida per amore a 71 anni. È un evento molto improbabile che pure si è verificato – replica Rizzuto —. Ma non basiamo la nostra vita sull’aspettativa che succeda anche a noi». Se non basta la razionalità, c’è la scaramanzia: «Basti sapere – dice Canova – che se si va in auto a comprare il Superenalotto, e si impiegano 10 minuti all’andata e 10 al ritorno, la nostra probabilità di morire in un incidente è più alta di quella di vincere».