Corriere della Sera, 6 settembre 2016
Intervista a Carla Raineri, ex capo di Gabinetto della Raggi, che spiega bene cosa succede in Campidoglio
Carla Raineri, giudice civile d’Appello a Milano, capo di Gabinetto del Comune di Roma dal 22 luglio al 31 agosto: perché si è dimessa?
«Perché non vi erano le condizioni per svolgere il ruolo per il quale ero stata autorizzata dal Csm. Raggi aveva concepito una segreteria particolare che era in realtà il “vero Gabinetto” del sindaco, a capo della quale ha posto Salvatore Romeo che era in realtà il “vero capo di Gabinetto”. E ha conferito a questo soggetto, ex funzionario di VII livello, una specifica delega alle partecipate, attribuendogli di fatto il ruolo di “assessore ombra” di Minenna (il vero assessore al Bilancio, poi dimessosi con Raineri, ndr). E Raffaele Marra aveva la qualifica di vicecapo di Gabinetto ma in quei 45 giorni non ho avuto mai il piacere di condividere con lui alcuna decisione: riferiva direttamente alla sindaco. Anche come ufficio mi sono trovata fisicamente collocata fra Romeo e Marra: e questa può dirsi la metafora della mia situazione in Campidoglio».
Il vicesindaco Frongia sostiene però che lei mise il visto sulla delibera di nomina di Romeo.
«Non l’ho affatto messo, contrariamente a quanto dice Frongia. E neppure l’ha messo Laura Benente, la rigorosa responsabile delle Risorse Umane arrivata dall’Inps di Torino all’epoca di Marino. Hanno atteso che andasse in ferie per raccogliere il compiacente visto di altro dirigente molto legato a Marra. E il diniego della Benente anche a un’altra richiesta di Marra le è poi costato il posto, rispedita a Torino da Raggi. Su Romeo ho più volte cercato di spiegare alla Raggi che il problema vero non era tanto la triplicazione del compenso (da 38.000 a 120.000 euro) ma la procedura in sé: Romeo era già dipendente del Campidoglio e non poteva essere posto in aspettativa e nel contempo assunto dal medesimo ente locale. La sindaco non si è data pace e ha reclutato una task force per trovare soluzioni in senso favorevole, trovando un precedente del Comune di Firenze. Le feci tuttavia notare che l’inserimento di una tal previsione in un regolamento, per sdoganare una nomina altrimenti vietata da fonte di rango primario, denunciava la fragilità della tesi».
E il sindaco ha tenuto conto o no di questi suoi argomenti?
«In un duro confronto il 25 agosto le dissi che me ne sarei andata se le cose non fossero cambiate. La invito a riflettere».
E poi cosa succede?
«Raggi ritiene dopo 40 giorni dalla mia nomina di investire Cantone senza comunicarmelo, ponendo un finto quesito che suggeriva già una risposta. Mi convoca con urgenza alle 23 del 31 agosto alla presenza degli inseparabili Romeo e Marra. È del tutto evidente che è stata deliberatamente ordita una trama per minare la mia legittimazione. Ho quindi rassegnato dimissioni irrevocabili dopo il surreale colloquio con Raggi alle 11 di sera del 31 agosto».
Però resta che il parere di Cantone poneva dubbi.
«Sul merito del provvedimento si sono già espressi raffinati giuristi del calibro di Sergio Santoro. E a Milano anche il sindaco Sala ha nominato il proprio capo di Gabinetto ai sensi dell’art. 110 Tuel, nonostante Milano non abbia un Gabinetto con ben 260 dipendenti. Devo dire che il presidente dell’Anac ha agito con sorprendente rapidità: ha ricevuto la richiesta il 30 agosto, riunito il consiglio il 31 agosto, redatto e trasmesso il parere alla sindaco alle 16.53 dello stesso giorno. Il parere risulta trasmesso dall’Anac al sindaco in via “riservata”, ma Raggi lo pubblica prontamente sulla sua pagina web».
Può sembrare, così, che vi sia stata una sorta di convergenza a tavolino tra Raggi e Cantone.
«No. Lo escludo. Mi limito a evidenziare indubbie eccentricità».
Ne ha parlato con il presidente Cantone?
«No. Giusti o sbagliati, i provvedimenti non si commentano ma si impugnano se esistono i presupposti. Ma pur essendo (da giurista) convinta della erroneità del parere, non lo impugnerò non avendo alcun interesse a difenderlo».
E i dirigenti del Movimento 5 Stelle in questi 40 giorni?
«Purtroppo non ci sono state reazioni efficaci. Le professionalità in campo non avrebbero avuto comunque problemi nel bypassare personaggi dopo tutto assai mediocri, ma i vertici del Movimento hanno evidentemente deciso di non intervenire o, peggio, non vi sono riusciti e, di fatto, il duo Romeo-Marra ha continuato a gestire il Campidoglio forte della protezione della Raggi».
Chi stabilì che lei dovesse guadagnare 193.000 euro?
«Forse non ci crederà ma è stato proprio Romeo. Avevo inviato i miei Cud alla Ragioneria in Campidoglio prima ancora di assumere la carica. All’indomani del mio arrivo, Romeo mi chiese di consegnarli di nuovo a lui personalmente e convocandomi nella sua stanza mi comunicò l’emolumento. Ho letto cifre fantasiose, mi sono state attribuite frasi a sproposito. Certo non nego sia un compenso elevato. Ma del tutto in linea con quanto percepivo dopo 35 anni da magistrato in ruolo. E tra i miei predecessori, Gallo (magistrato come me) nel 2008 percepiva 210 mila euro e Fucito 263 mila. Ma ora mi spiego che evidentemente si è iniziato da lì per poi finire con il parere di Cantone».
Lei avrebbe accettato un taglio del suo stipendio?
«La domanda avrebbe avuto un senso all’atto della nomina, non dopo, per come sono andate le cose. In ogni caso ho rinunciato a ogni compenso per l’attività dal 22 luglio al 31 agosto. Per il resto, non sarei stata lì un secondo di più neanche per il triplo dello stipendio. Ora torno a fare il magistrato».
In serata occorre però interpellare di nuovo Raineri per un passaggio dell’audizione del sindaco in Commissione Ecomafie alla Camera.
Raggi afferma: «Quando l’assessore Muraro a luglio ci disse che da una richiesta alla Procura ex 335 aveva appreso di essere indagata, abbiamo convocato una riunione anche con l’ex capo di Gabinetto e valutato che il 335 non contenesse sufficienti elementi».
«Nessuno mi ha mai mostrato quel 335. Ricordo invece bene che, presenti Raggi-Muraro-Minenna-Frongia e altre persone, a fronte dell’assessore Muraro che insisteva per portare al pm i suoi documenti e per sollecitare l’archiviazione, io dissi: a Milano non si usa farlo, e trovo inopportuno interferire con il lavoro del pm».