la Repubblica, 27 maggio 2016
Avete rotto il cazzo con gli sproloqui sulla scorta di Saviano
Io Saviano l’ho visto, venire e andare con la scorta. Ho visto lui e ho visto la sua scorta. Per settimane e per mesi. Ricordo le facce quasi una per una, di quelli della scorta. Ricordo le parole dei pochi, tra loro, che avevano voglia di chiacchierare. Se ne immaginava la vita tesa, lo stipendio basso, la percezione ondivaga (che va e che viene) di quanto fosse importante il loro lavoro. Siccome li ho visti, ogni volta che sento qualcuno sproloquiare della scorta di Saviano penso a Saviano, ma penso anche alla scorta. Saviano non può dirlo e dunque lo dico io, che ho qualche anno di più: avete rotto il cazzo. La scorta non se l’è cercata, la scorta non ha cercato lui. Era un ragazzo di vent’anni e ha scritto un libro sul male. Il libro ha fatto scandalo (avrebbe dovuto fare scandalo il male). Il male, nelle persone che lo incarnano e che ci si arricchiscono, si è molto risentito, e forse gliel’ha giurata. Gliel’ha giurata quanto, e per quanto tempo? Io non lo so, quanto gliel’ha giurata. Ma sicuramente non lo sa nemmeno il senatore D’Anna. Dunque se ne stia zitto. È tipico dell’indolenza di una certa Italia – molta Italia – dire “e però”, “e insomma”, “e non esageriamo”. È normale e forse inevitabile che quell’Italia (quella indolente) sia rappresentata in una democrazia elettorale. Ma è anche normale e forse inevitabile che qualcuno le risponda: occupatevi di quello che capite. Non di quello che non capirete mai.