La Stampa, 7 agosto 2015
Il governo Renzi spegne la musica italiana. La Commissione del ministero azzera i fondi a più di 60 orchestre e li taglia a molte altre. Tra dimissioni, incomprensioni e polemiche, gran parte delle associazioni ha richiesto «l’accesso agli atti» e sta presentando ricorso, anche al Tar
«Mi aspettavo un aumento del contributo, siamo stati tagliati del 25%. E, decreto alla mano, non capisco perché. Esistiamo da 97 anni, ci stavamo preparando a festeggiare il centenario, alla prossima assemblea dei soci proporrò invece la chiusura», dice Stefano Passigli, presidente degli Amici della musica di Firenze. «Uno dei giorni più amari della mia vita professionale: il nostro contributo è stato azzerato e non capisco perché», riflette Valerio Vicari, direttore artistico dell’Orchestra dell’Università di Roma Tre. «Zero contributi dopo 19 anni di attività. Non siamo rientrati nei 15 soggetti finanziabili, a fronte dei 180 ammessi nel 2014. Perché questa esclusione e perché una riduzione così drastica?», scrive Gisella Belgeri, presidente del Cemat, realtà dedicata alla musica contemporanea.
Ieri sul sito del Mibact, il ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, sono apparse le cifre: oltre 60 realtà musicali sono state «non ammesse al contributo», cioè condannate a morte. Molte altre, pesantemente penalizzate, alcune premiate. In più di un caso, sfuggono i criteri delle scelte e l’oggettività che doveva essere garantita dai parametri del nuovo decreto appare penalizzata da decisioni tutt’altro che inattaccabili. Perché 750 mila euro in più all’Orchestra Sinfonica Siciliana e 240 mila in meno alla Toscanini di Parma? E perché, mentre dal governo giungono continui inviti alla ricerca e alla sperimentazione, punire le realtà più attive, il Centro Ricerche Musicali, di livello assoluto, l’Ex Novo Ensemble di Venezia, storico gruppo dedicato alla contemporanea, l’Associazione Nuova Consonanza di Roma, palestra di tanti giovani compositori?
«Vengono cancellate due terzi delle realtà musicali italiane, scatenando un effetto domino che contribuirà a far diminuire drasticamente le opportunità di lavoro anziché offrirne. Pochi sono i beneficiati, alcuni noti, altri perfetti sconosciuti. Sono leciti quesiti inquietanti: perché la sparizione di realtà diffuse sul territorio, a vantaggio di iniziative che privilegiano i cartelloni di agenzia?», denuncia Massimo Mercelli, concertista, vicepresidente della European Festival Association e direttore artistico del Festival dell’Emilia-Romagna, azzerato. E chiede: «Quali competenze sono state messe in campo per tali drastici giudizi?», riferendosi alla scarsa consuetudine con la vita musicale della maggioranza dei componenti della Commissione musica del ministero, dalla quale, come annunciato dal nostro giornale, lo scorso 22 luglio si è dimessa la compositrice Silvia Colasanti, in disaccordo con molte delle decisioni prese. Un gesto che ha indotto la senatrice Elena Ferrara, con altri 16 colleghi, a presentare un’interrogazione parlamentare: «Oltre le dimissioni di Colasanti, preoccupano le rimostranze di associazioni quali Anbima e Feniarco, che raggruppano migliaia di bande e di cori».
Come sta accadendo per il teatro, anche molte associazioni musicali hanno chiesto «l’accesso agli atti» e stanno presentando ricorso, prima al Ministero, poi al Tar del Lazio. Intanto, una forte polemica coinvolge l’Agis, l’Associazione dello spettacolo che raggruppa tutte le categorie interessate. All’attuale presidente, Carlo Fontana, si rimprovera una scarsa tutela dei soci e un appiattimento sugli opinabili parametri previsti dal nuovo regolamento, per i quali la qualità è un valore che viene alzato o abbassato a seconda del vento che tira.
[Sull’argomento leggi anche la lettera di Salvatore Nastasi, direttore generale dello spoettacolo che difende il decreto del Ministero e il dibattito tra Carlo Fontana, presidente dell’Agis e Salvatore Accardo]