la Repubblica, 2 luglio 2015
Il caldo record lascia il posto a quello africano che potrà essere sostituito soltanto da quello marziano. Ma se già ai primi di luglio il meteo si è giocato il continente nero come potrà tenere sempre alta la soglia del «mamma mia che impressione»? Quando le estati, come i partiti, sono tutte uguali, e la disaffezione alle previsioni del tempo dilaga quanto quella alla politica. Si tratta di una disaffezione record
Volendo, ieri un italiano poteva anche passare la giornata aspettando che il “caldo record” degli ultimi giorni lasciasse il posto al “caldo africano” annunciato entro sera. Sempre volendo, poteva anche chiedersi come implementare, di qui a Ferragosto, l’escalation dei lanci meteo, sempre appassionatamente votati all’ansia e alla catastrofe. Se un caldo già record può essere soppiantato da un caldo africano, che genere di caldo potrà farci poi rimpiangere quello africano? Un caldo marziano, tra i sessanta e i centoventi gradi centigradi? Un caldo da altoforno, attorno ai mille gradi? Voglio dire (e non è un problema che riguarda solo il meteo), come farà il linguaggio mediatico a tenere sempre alta la soglia del “mamma mia che impressione”, se già ai primi di luglio si è giocato l’Africa, come è noto il continente più caldo (in Africa il caldo è quasi sempre africano)? Stabilito che “caldo record” e “freddo record” ormai hanno perduto il proprio appeal, perché ogni estate i titoli dei tigì e dei giornali registrano “temperature record” e ogni inverno freddo record, alias siberiano, come rilanciare? Come non far cadere l’argomento, tanto utile quando perfino Merkel e Tsipras andranno in ferie e le notizie scarseggeranno? E come biasimare il qualunquista meteo, che a dispetto di ogni seria analisi scientifica borbotta che “le estati sono tutte uguali”, tanto quanto i partiti? Così come la disaffezione alla politica, la disaffezione alle previsioni del tempo ormai dilaga. Si tratta di una disaffezione record.