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 1982  giugno 18 Venerdì calendario

Assassinati a Roma due palestinesi. Uno era dirigente dell’OLP in Italia

Il Corriere della Sera, venerdì 18 giugno 1982

(…)

Kamal e Matar appartenevano all’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Kamal era addirittura il numero due, dopo Nemer Amad, della delegazione dell’OLP in Italia e dirigeva i servizi di sicurezza della sede palestinese a Roma, nella villetta di via Nomentana 126. In questa veste Kamal era accorso con altri dirigenti palestinesi, nella notte, in via Valtravaglia, davanti al corpo di Nazeyk Matar, aveva risposto alle domande dei funzionari di polizia e e scambiato un paio di frasi coi giornalisti.

Matar era all’OLP e membro del GUPS, i gruppi universitari palestinesi particolarmente forti a Roma e Perugia.

Sette ore prima dell’uccisione di Matar, un corteo di diecimila persone aveva sfilato per la vie del centro innalzando fotografie di Arafat e striscioni con la scritta “Alt al genocidio del popolo palestinese”. Hussei Kamal aveva partecipato alla manifestazione e ringraziato ufficialmente il sindaco di Roma, Ugo Vetere, per essere intervenuto. Poi era tornato a casa, parcheggiando la “Ritmo” nel garage al numero 19 di via Menghini – erano le 23.30, ha detto il guardiano dell’autorimessa – e proseguendo a piedi per i cento metri che lo separavano dal palazzo dove abitava con la moglie, Monica Paulus, tedesca, 34 anni, e il figlioletto di tre anni. Più tardi, per portarlo sul luogo dell’attentato a Matar, lo sarebbero andati a prendere e l’avrebbero ricondotto a casa con una macchina dell’OLP.

Alla manifestazione, invece, Matar non era andato. Era rimasto nella villetta di via Nomentana, con il personale dell’OLP delegato al servizio di vigilanza della sede. Gran parte in una saletta, a vedersi in televisione le partite del Mundial. All’una di notte era passato a prenderlo il fratello Naim, 27 anni.  I due abitavano insieme, con le famiglia, in un appartamento al quarto piano del grande stabile al numero 16 di via Valtravaglia. Matar era  sposato con Carla Fattorelli., una ragazza di Parmaa, e lascia una figlia di 7 anni, Lella. La moglie di Naim è romana, Maria De Plato; non hanno figli.

Sulla “Renault 14” targata Parma (intestata a Carla Fattorelli) i fratelli Nazeyk escono all’1.15 dalla sede dell’OLP, percorrendo via Nomentana verso Montesacro.

È in questo momento che scatta il meccanismo del duplice attentato. Mentre l’auto del killer già segue la “Renault 14”, qualcuno sta piazzando nel garage di via  Menghini l’ordigno destinato a Kamal.

Matar e Naim arrivano davanti al palazzo fermando l’auto  accanto al loro box. Naim scende e si avvia verso il portone, mentre il fratello apre la saracinesca e parcheggia la “Renault”. Quando anche Matar, con le chiavi dell’auto ancora in mani, si dirige verso il portone – i due fratelli sono a una ventina di metri – appare sulla strada, sbucando improvvisamente nella debole luce dei pochi lampioni, una macchia scura. Di sicuro una “Fiat”, forse una “128”, forse una “131”.

Balzano a terra due uomini. Il primo resta accanto all’auto l’altro, sceso dalla portiera posteriore, comincia subito a sparare contro Matar. Il fratello Naim fugge terrorizzato. Matar tenta di porsi in salvo, ma un proiettile lo colpisce a un ginocchio facendolo cadere faccia in giù. Il killer si avvicina e freddamente gli esplode un colpo alla nuca.

Passiamo al mattino successivo. Hussein Kamal esce di casa alle 8.30 con la moglie e il figlioletto. Si salutano sul portone, la donna accompagna il bimbo all’asilo del quartiere. Il leader palestinese entra nell’autorimessa., dice buongiorno, come  sempre, a Mario Falcioni, il proprietario, e sale sulla sua “Ritmo 60” mettendola in moto.

Affronta la rampa che immette in via Menghini, gira a destra verso il semaforo all’incrocio di via Appia, venti metri di distanza. Il semaforo segna rosso. Kamal frena e l’auto esplode. C’era una bomba con un congegno “a bolla di mercurio” un ordigno micidiale – 200 grammi di tritolo più pallettoni d’acciaio – che deflagra al primo spostamento brusco (il mercurio si sarebbe mosso durante la ripida salita del garage innescando la fase preparatoria alla scoppio). Kamal rimane con la schiena dilaniata dalla rosa delle pallottole.

Gli investigatori della Digos e dei carabinieri ritengono che lo schieramento politico delle vittime, la complessità dell’apparecchiatura di uomini e mezzi impiegati negli attentati e l’alto livello tecnologico della bomba siano indizi che portino alla presenza degli uomini dei servizi segreti israeliani (tenendo anche conto dell’attuale situazione mediorientale e di altri due precedenti omicidi di palestinesi a Roma).

L’OLP dal canto suo ha tenuto una conferenza-stampa, nel pomeriggio di ieri, accusando duramente e apertamente i servizi segreti d’Israele. L’incaricato d’affari dell’ambasciata israeliana, invece, ha smentito “completamente e categoricamente” le accuse dell’OLP sulla responsabilità israeliana nei due delitti.

I due attentati hanno provocato reazioni e prese di posizione negli ambienti politici italiani. Il presidente della Repubblica Pertini  ha ricevuto ieri pomeriggio il senatore Dario Valori con una delegazione di esponenti dei partiti in rappresentanza delle associazioni di amicizia italo-araba la delegazione è stata poi accolta a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Spadolini, il quale ha espresso l’esecrazione del governo per gli assassinii.

«Viva deplorazione e ferma condanna» sono state manifestate dal ministro degli Esteri Emilio Colombo, che si è incontrato alla Farnesina con una delegazione di ambasciatori dei Paesi arabi a Roma. Il consiglio degli ambasciatori arabi accreditati presso il Quirinale si era prima riunito in seduta straordinaria nella sede romana della “Lega araba”.

Interrogazioni e interpellanze sono state presentate in Parlamento da quasi tutti i partiti. I gruppi comunista, socialista, radicale, della sinistra indipendente e del PdUP hanno inoltre chiesto un dibattito alle Camere sulla drammatica situazione in Libano.

Cesare De Simone, Antonio Masia