Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1928  luglio 12 Giovedì calendario

E Romagna disse a Nobile: «Essi sono a bordo»

Gli ultimi naufraghi sopravvissuti alla tragedia del dirigibile Italia sono in salvo. L’articolo di Cesco Tomaselli, inviato alla Baia dei Re, per il Corriere della Sera.

Quello che sta succedendo da alcune ore è così straordinario che non riusciamo a raccapezzare i nostri pensieri e a vedere negli eventi un corso logico e coerente seppure tutti i nostri discorsi dei giorni scorsi finissero con questa riflessione: un giorno, inaspettatamente, vedremo la trama di questo angoscioso dramma sciogliersi come per incanto.

Erano le 3 del pomeriggio quando il comandante Romagna entrò con faccia turbata dall’emozione nella cabina di Nobile per fargli leggere un messaggio di notevole interesse. Di solito in simili circostanze gli estranei infilano discretamente la porta, ma stavolta non ci fu verso di smuoverli. Del resto non era un rapporto ufficiale: si trattava dell’intercettazione di una corrispondenza spedita al «Corriere della Sera» dal nostro Giudici da bordo del Krassin.

Poco dopo il Comando del rompighiaccio confermava la scoperta di due uomini che a sudest dell’Isola Carlo XII avevano disperatamente segnalato la loro presenza al velivolo di Ciuknowski rientrante da una ricerca della tenda rossa.

Chi erano i due? Essi appartenevano certo alla pattuglia dei tre camminanti. Trascorsero ore di snervante attesa confortata dalla certezza che il Krassin avanzava. Alle 7.30 un annuncio ci coglieva fulmineo nel primo sonno dopo una notte in gran parte trascorsa congetturando o passeggiando nervosamente in coperta: «Mariano e Zappi sono salvi. Malmgreen è morto» diceva la notizia.

Sentiamo il cuore indurirci come sotto un soffio di gelo. Povero Malmgreen, caro compagno nostro, sempre astratto, imbronciato e spettinato come uno studente sotto gli esami. Non sappiamo come sia andata, ma pare che, impossibilitato a proseguire per congelamento dei piedi, lo Svedese abbia fatto come quel compagno di Scott che a un certo momento della tragica marcia di ritorno dall’Antartico sentendosi mancare disse: «Io mi fermo un momento, ma vi raggiungerò». Tutti capirono che non lo avrebbero visto mai più e gli strinsero la mano guardando da un’altra parte.

Mariano e Zappi erano salvi. Digiunavano ormai da dodici giorni. Quale miracolo condusse l’aviatore russo sulla rotta di quel banco di ghiaccio alla deriva, donde forse essi videro più volte i velivoli solcare il cielo ignorando la loro agonia?

Ma lasciamo stare le fantasticherie. La storia la udremo finalmente da loro, quando verrà anche per noi il momento di riabbracciarli. Per ora dobbiamo accontentarci di sapere che Mariano, appena salito a bordo, spedì un telegramma, uno solo, diretto a Elena di Francia, Duchessa d’Aosta, del cui augusto figlio, il Duca di Spoleto, egli è aiutante di campo onorario: Salvo, mio primo pensiero è per vostra Altezza – Mariano.

Poco dopo Zappi riceveva il saluto della sua fidanzata. Era un telegramma che dal 17 giugno un componente l’equipaggio custodiva gelosamente, domandandosi ogni giorno quando avrebbe potuto spedirlo. E le onde lanciavano un altro messaggio, un saluto alla madre tanto adorata, spesso invocata: un’altra madre finalmente riconsolata.

Intanto il Krassin continuava ad avanzare. La barriera di ghiacci apriva il passo alla staffetta della civiltà; l’Artide cominciava a capitolare. Alle 18 è arrivato un dispaccio dalla «tenda rossa»: Vediamo il «Krassin» a 10 miglia a sudovest.

Lo vedono. La nostra attesa è ferma in questo istante del meraviglioso episodio. Assaporiamo la felicità che essi hanno provato, che essi stanno provando in queste ore nelle quali il loro orizzonte non è più un ciglio livido ove montano la guardia le bianche sentinelle della morte.

La nave avanza fumando. Essi la vedono e forse stanno racimolando le loro grame cose. Il Krassin non li scorge ancora e chiede a noi su quale rilevamento essi lo vedono avanzare. La «radio» della tenda e quella del rompighiaccio non possono intrecciare un colloquio dirett la Città di Milano deve fare da intermediaria.

Tutto ciò che avviene sembra un sogno. L’attesa diventa di minuto in minuto più tormentosa. Agli aspettanti si è aggiunta la sorella del professor Behounek, che ha dovuto faticare non poco per venire da Praga sin qua.

La giornata è fredda e tristissima. Il cielo è basso. Ogni tanto nevica. Alle ore 23 Romagna bussa al camerino di Nobile: Generale, «essi» sono a bordo!

Cesco Tomaselli

[Cds 13/7/1928]