12 luglio 1928
E Romagna disse a Nobile: «Essi sono a bordo»
• Gli ultimi naufraghi sopravvissuti alla tragedia del dirigibile Italia sono in salvo. L’articolo di Cesco Tomaselli, inviato alla Baia dei Re, per il Corriere della Sera.
Quello che sta succedendo da alcune ore è così straordinario
che non riusciamo a raccapezzare i nostri pensieri e a vedere negli eventi un
corso logico e coerente seppure tutti i nostri discorsi dei giorni scorsi
finissero con questa riflessione: un giorno, inaspettatamente, vedremo la trama
di questo angoscioso dramma sciogliersi come per incanto.
Erano le 3 del pomeriggio quando il comandante Romagna entrò
con faccia turbata dall’emozione nella cabina di Nobile per fargli leggere un
messaggio di notevole interesse. Di solito in simili circostanze gli estranei infilano
discretamente la porta, ma stavolta non ci fu verso di smuoverli. Del resto non
era un rapporto ufficiale: si trattava dell’intercettazione di una
corrispondenza spedita al «Corriere della Sera» dal nostro Giudici da bordo del
Krassin.
Poco dopo il Comando del rompighiaccio confermava la
scoperta di due uomini che a sudest dell’Isola Carlo XII avevano disperatamente
segnalato la loro presenza al velivolo di Ciuknowski rientrante da una ricerca
della tenda rossa.
Chi erano i due? Essi appartenevano certo alla pattuglia dei
tre camminanti. Trascorsero ore di snervante attesa confortata dalla certezza
che il Krassin avanzava. Alle 7.30 un
annuncio ci coglieva fulmineo nel primo sonno dopo una notte in gran parte
trascorsa congetturando o passeggiando nervosamente in coperta: «Mariano e
Zappi sono salvi. Malmgreen è morto» diceva la notizia.
Sentiamo il cuore indurirci come sotto un soffio di gelo.
Povero Malmgreen, caro compagno nostro, sempre astratto, imbronciato e
spettinato come uno studente sotto gli esami. Non sappiamo come sia andata, ma pare
che, impossibilitato a proseguire per congelamento dei piedi, lo Svedese abbia fatto
come quel compagno di Scott che a un certo momento della tragica marcia di
ritorno dall’Antartico sentendosi mancare disse: «Io mi fermo un momento, ma vi
raggiungerò». Tutti capirono che non lo avrebbero visto mai più e gli strinsero
la mano guardando da un’altra parte.
Mariano e Zappi erano salvi. Digiunavano ormai da dodici
giorni. Quale miracolo condusse l’aviatore russo sulla rotta di quel banco di
ghiaccio alla deriva, donde forse essi videro più volte i velivoli solcare il
cielo ignorando la loro agonia?
Ma lasciamo stare le fantasticherie. La storia la udremo
finalmente da loro, quando verrà anche per noi il momento di riabbracciarli.
Per ora dobbiamo accontentarci di sapere che Mariano, appena salito a bordo, spedì
un telegramma, uno solo, diretto a Elena di Francia, Duchessa d’Aosta, del cui
augusto figlio, il Duca di Spoleto, egli è aiutante di campo onorario:
Salvo, mio primo
pensiero è per vostra Altezza – Mariano.
Poco dopo Zappi riceveva il saluto della sua fidanzata. Era
un telegramma che dal 17 giugno un componente l’equipaggio custodiva
gelosamente, domandandosi ogni giorno quando avrebbe potuto spedirlo. E le onde
lanciavano un altro messaggio, un saluto alla madre tanto adorata, spesso invocata: un’altra madre finalmente
riconsolata.
Intanto il Krassin
continuava ad avanzare. La barriera di ghiacci apriva il passo alla staffetta
della civiltà; l’Artide cominciava a capitolare. Alle 18 è arrivato un
dispaccio dalla «tenda rossa»: Vediamo il
«Krassin» a 10 miglia a sudovest.
Lo vedono. La nostra attesa è ferma in questo istante del
meraviglioso episodio. Assaporiamo la felicità che essi hanno provato, che essi
stanno provando in queste ore nelle quali il loro orizzonte non è più un ciglio
livido ove montano la guardia le bianche sentinelle della morte.
La nave avanza fumando. Essi la vedono e forse stanno
racimolando le loro grame cose. Il Krassin
non li scorge ancora e chiede a noi su quale rilevamento essi lo vedono
avanzare. La «radio» della tenda e quella del rompighiaccio non possono
intrecciare un colloquio dirett la Città
di Milano deve fare da intermediaria.
Tutto ciò che avviene sembra un sogno. L’attesa diventa di
minuto in minuto più tormentosa. Agli aspettanti si è aggiunta la sorella del
professor Behounek, che ha dovuto faticare non poco per venire da Praga sin
qua.
La giornata è fredda e tristissima. Il cielo è basso. Ogni
tanto nevica.
Alle ore 23 Romagna bussa al camerino di Nobile: Generale, «essi» sono a bordo!
Cesco Tomaselli
[Cds 13/7/1928]