varie, 12 ottobre 2016
STEFANO SANSONETTI, LANOTIZIAGIORNALE.IT 12/8 – E meno male che la dovevano mettere in liquidazione
STEFANO SANSONETTI, LANOTIZIAGIORNALE.IT 12/8 – E meno male che la dovevano mettere in liquidazione. Nella realtà la Cys4, la recente creatura di Marco Carrai (e soci) nata con l’obiettivo di fare affari nella cyber security, è più viva e vegeta che mai. Al punto che, come è in grado di rivelare La Notizia, ha appena imbarcato nell’azionariato un nuovo socio. E che socio. Parliamo di Ofer Malka, imprenditore israeliano attivo nel settore dell’energia, ma a quanto pare introdotto in Israele negli ambienti che più contano. Malka, che è amministratore delegato della Hadera Municipal Company (azienda di una città situata nel distretto di Haifa), ha rilevato il 6% della Cys4. A cedergli la partecipazione è stata la Cambridge Management Consulting Labs, la società di cui Carrai, fidato Richelieu di Matteo Renzi, oltre a essere presidente detiene il 21%. La stessa Cambridge, comunque, resta azionista pesante al 27%. LO SCENARIO – Si allarga, quindi, la rete di contatti israeliani accesi da Carrai. È infatti appena il caso di ricordare che sempre della Cambridge Management Consulting Labs, con una quota del 14,29%, è socio Jonathan Pacifici, imprenditore italo-israeliano tra i fondatori di Wadi Ventures, gestore di fondi di venture capital. Nei mesi scorsi è assurto agli onori della cronaca il tentativo di Renzi di piazzare il fido Carrai al vertice di una struttura italiana sulla cyber security. Operazione che però per adesso non è andata in porto. E di fatto rimarrà congelata almeno fino al 4 dicembre, data del referendum costituzionale. Fonti della Cys4 hanno chiarito a La Notizia che se un domani l’incarico a Carrai dovesse concretizzarsi allora la società verrebbe liquidata, per dissipare ogni dubbio di conflitto d’interessi. Di sicuro, hanno confermato, la Cys4 è tutto fuorché in liquidazione. Va tra l’altro ricordato che attualmente il capitale della società è completato dalla presenza dell’ex Eni Leonardo Bellodi, che ne detiene il 15%, e l’Aicom di Mauro Tanzi, titolare del pacchetto di maggioranza (52%). IL PRECEDENTE – Tra l’altro nei mesi scorsi Carrai aveva imbarcato in Cys4, in qualità di consulente, il 22enne Andrea Stroppa. La Notizia del 28 aprile 2016 aveva dedicato un profilo al giovane, indicando come il suo curriculum fosse più lungo di quello di Bill Gates. In effetti al suo attivo ha numerose ricerche in tema di cyber security pubblicate sulle maggiori testate americane (New York Times, Washington Post, Wall Street Journal, Foreign Policy). Adesso, dopo un’indiscrezione riportata nell’ultimo libro di Maurizio Belpietro (“I segreti di Renzi”), viene fuori che Stroppa è stato indagato nel 2013 come hacker legato al gruppo Anonymous, responsabile insieme ad altre persone di accessi abusivi a siti internet di alcuni ministeri e società tra il 2011 e il 2012. Contattato da La Notizia, Stroppa ha confermato di essere stato coinvolto nell’inchiesta ma ha precisato di esserne uscito pulito in virtù del fatto che all’epoca era minorenne. In ogni caso la consulenza con Cys4 non è più attiva. «Anche se», ha spiegato, «resto amico e consulente di Marco Carrai». *** EMILIANO FITTIPALDI, L’ESPRESSO 9/10 Marco Carrai è un imprenditore fiorentino. Il miglior amico di Matteo Renzi. Il membro del direttivo della fondazione politica del presidente del Consiglio. E, vincesse il Sì al referendum, diventerebbe probabilmente superconsulente di Palazzo Chigi alla cybersicurezza nazionale. La nomina doveva andare in porto mesi fa, ma è stata bloccata dopo le proteste da parte degli addetti ai lavori sulle reali competenze tecniche di Carrai e di coloro che, nel governo, temono che “Marchino” possa entrare a gamba tesa nel loro campo di gioco: il sottosegretario Marco Minniti, che ha la delega ai servizi segreti, e Luca Lotti, appassionato di 007, sono quelli che non vogliono un terzo contendente. La nomina però è in conflitto di interessi anche perché Carrai è socio di una società di consulenza che si chiama Cys4, che si occupa proprio di protezione cibernetica per le aziende. Se dal governo hanno spiegato che se il gemello diverso del premier dovesse diventare consulente di Renzi lascerebbe ogni controllo sull’azienda, in molti (anche al Copasir) restano preoccupati. Fondata nel 2014 dalla CmC Labs di Carrai (che ha da poco venduto parte delle quote all’israeliano esperto in sicurezza Ofer Malka), dall’ex dirigente Finmeccanica Mauro Tanzi e da Leonardo Bellodi, la Cys4 non solo lavora a stretto braccio con esperti stranieri di Tel Aviv, ma ha avuto fino a pochi giorni fa, come capo della ricerca e sviluppo, il giovanissimo Andrea Stroppa. Un esperto informatico che, ha scoperto L’Espresso, nel 2012 fu indagato per aver promosso e partecipato «a un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di accessi abusivi a sistemi informatici, detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso, interruzione illecita di comunicazioni informatiche», come si legge nel dispositivo del giudice delle indagini preliminari che nel maggio del 2013 dispose gli arresti domiciliari per quattro dei dieci hacker del gruppo. Tutti membri di Anonymous Italia, che secondo le indagini della polizia postale hanno attaccato per settimane siti della polizia di stato, dei carabinieri, del governo, del ministero dell’Interno, oltre ai siti di leader politici come Beppe Grillo e Massimo D’Alema. Stroppa, che allora non era ancora maggiorenne, ha partecipato direttamente alle azioni contro il sito del Sindacato della Polizia Penitenziaria (Sappe), della Guardia costiera, della Banca di Imola e della Luiss. Sei hacker della combriccola hanno patteggiato pene dai cinque anni agli otto mesi, mentre l’ingegnere Gianluca Preite (che si difende spiegando di essere stato lui stesso la fonte della polizia durante gli attacchi, e di essere stato poi incastrato dalle forze dell’ordine) è finito a processo insieme a un altro presunto pirata informatico. Stroppa e un altro minore hanno ottenuto il perdono giudiziale dal Tribunale dei minori. Un’estinzione del reato che viene concesso ai minorenni purché la somma delle pene inflitte non superi i due anni di reclusione. «Non sono certo fiero di quello che ho fatto, ma erano altri tempi» spiega l’hacker, finito a lavorare con i privati come spesso accade a quelli bravi. «Però ricordo che io ho pubblicato ricerche sulla cyber security su giornali come New York Times, Guardian, Wall Street Journal e Washington Post. Ho il privilegio di scrivere per il World Economic Forum. Il referendum? Se mi chiamano per dare una mano posso anche andarci, ma sia chiaro che né io né Carrai abbiamo bisogno della politica per lavorare. Io ora sono suo consulente e consigliere. Per quanto riguarda la cyber security a Palazzo Chigi, non so cosa dovrei andare a fare. Ho tanti progetti da mandare avanti e mai nessuno mi ha chiamato». Almeno per ora. *** FELTRI E TECCE, IL FATTO QUOTIDIANO 4/8/2016 – La riforma della sicurezza cyber si farà, anche senza Marco Carrai. Il decreto del presidente del Consiglio è pronto da settimane, tanto che i collaboratori del premier ne davano per certa l’approvazione entro metà luglio. Invece si è congelato tutto. Visto il difficile clima politico, Matteo Renzi ha chiesto all’amico di pazientare ancora: prima del referendum costituzionale di autunno, non può permettersi di fare una nomina che attirerebbe polemiche inevitabili. Per Carrai l’attesa comincia a diventare un problema: da mesi l’attività della sua Cys4, società specializzata in cyber security, è congelata in attesa della nomina a Palazzo Chigi, e l’imprenditore fiorentino era già pronto a metterla in liquidazione, così da evitare ogni accusa di conflitto di interesse (tanto basta un attimo, finito l’incarico pubblico, ad aprire un’altra azienda e ripartire con il business). Invece ora Carrai e la Cys4 restano nel limbo. Ma Renzi non può permetterselo. Il 27 luglio il consigliere militare del premier, il generale Carmine Masiello, è stato sentito in audizione dalla commissione Difesa della Camera. Ha parlato di due attacchi informatici contro l’Italia. Del primo si era saputo a febbraio, grazie a un’inchiesta della Procura militare di Roma: il gruppo di hacker Apt 28, considerati vicini o addirittura organici al governo russo, per mesi tra 2014 e 2015 hanno violato la sicurezza del ministero della Difesa italiano (e di altre istituzioni in Europa) rubando segreti. Niente di sensibile, ha assicurato il ministro Roberta Pinotti. Ammesso che davvero non abbiano trovato nulla, è un segnale di debolezza preoccupante. Il generale Masiello, che è a capo del Nucleo di sicurezza cibernetica, ha parlato di «ripetuti attacchi malevoli e rilevanti ai danni di amministrazioni dello Stato». E oltre a quello degli hacker russi, «c’è stato anche un altro caso che ha interessato un’altra amministrazione, che è stato prontamente gestito a livello di Nucleo, dove sono state raccordate le informazioni e sono state individuate le soluzioni, per porre fine a questa attività», ha detto Masiello. Visto che l’Italia è un membro, oltre che dell’Unione europea, della Nato, ogni falla nella nostra muraglia di difesa informatica è una porta di accesso ai nemici dell’Alleanza atlantica. E i nostri partner militari, a cominciare dagli Stati Uniti, osservano con una certa apprensione l’arretratezza dell’infrastruttura cyber dell’Italia. «La Francia e la Germania investono nel contesto cyber circa un miliardo di euro ciascuna; la Gran Bretagna 3 miliardi di sterline; noi viaggiamo nell’ordine di poco sopra i 150 milioni di euro. Questo vi lascia immaginare quale sia la nostra situazione», ha detto l’esperto di sicurezza Andrea Margelletti in un’altra audizione alla Camera. L’Isis è sempre più attivo anche in campi di battaglia virtuali. E l’Unione europea per la prima volta invade il dominio finora riservato agli Stati nazionali, quello della sicurezza: con l’approvazione della direttiva Nis (sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi), ogni Stato membro «designa un punto di contatto unico nazionale in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi». Bisogna mettere ordine, insomma, in un settore che in Italia è in fermento da tempo ma senza indicazioni chiare dalla politica. Per questo Renzi, dopo essersi consultato con Carrai, ha deciso di procedere comunque con il riordino: nascerà un nuovo coordinamento, responsabile di tutte le attività di difesa cyber. Restano esclusi spionaggio e controspionaggio, di competenza dei servizi segreti, e la parte di cyber offence, cioè di attacco, che ufficialmente non ha nessuna struttura. Il posto di “zar” della sicurezza cibernetica, alle dipendenze del sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti (Pd), non andrà però a Carrai. Verrà scelto un tecnico, un’autorità riconosciuta in materia a cui affidare il coordinamento. Per Carrai gli scenari sono a questo punto tre. Primo: Renzi perde il referendum e si dimette, in questo caso l’imprenditore evita di ottenere un incarico contestato e poi doverlo lasciare in tre mesi, in caso di sconfitta del suo sponsor. Secondo scenario: Renzi vince il referendum e, di nuovo saldo a Palazzo Chigi, congeda il tecnico e affida la nuova struttura a Carrai. Terza e più probabile opzione: la partita cyber per Carrai si chiude qui. Se Renzi vince il referendum, però, lo porterà comunque nella propria squadra, perché ha bisogno di qualcuno di cui potersi fidare. La cyber security, in fondo, è sempre stata più una giustificazione che una ragione valida per portare a Roma il sodale del premier nella scalata al potere: l’esperienza di Carrai nel settore della sicurezza è, in fondo, molto limitata visto che se ne occupa da meno di due anni. Stefano Feltri e Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 4/8/2016 *** MASSARI E VECCHI, IL FATTO 7/5/2016 – Marco Carrai non avrà alcuna consulenza a Palazzo Chigi legata alla sicurezza informatica. Dopo sei mesi di annunci e tentativi andati a vuoto, Matteo Renzi ha dovuto rinunciare a portare al governo il suo fidato amico e prezioso fundraiser. Lo stop definitivo, dopo quelli già posti dal Colle, è arrivato su “vigoroso consiglio” dei Servizi segreti italiani fatti oggetto di un “costante e crescente pressing” da parte dell’intelligence statunitense. Il premier ha deciso di assecondare Washington. Almeno per ora. Secondo quanto rivelato al Fatto da una fonte qualificata dei Servizi italiani e confermata da altre due fonti – una governativa, l’altra diplomatica –, l’obiettivo sembrava raggiunto già la scorsa settimana. Ma quando venerdì 29 aprile – al termine del Consiglio dei ministri che ha certificato le nomine di Giorgio Toschi, Giampaolo Pansa e Franco Gabrielli rispettivamente a capo di Guardia di Finanza, Dis e Polizia – il premier ha ribadito l’intenzione di portare Carrai a Palazzo Chigi per “darmi una mano nel settore dei big data” le barbe finte si sono rimesse in moto. E da Washington è stato ribadito all’intelligence nostrana il suggerimento di non affidare alcun tipo di incarico a un uomo legato a Israele da rapporti sia amicali sia economici. Stando a quanto rivelato al Fatto, tale è stata la portata della preoccupazione espressa dalla Cia da spingere il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti, ad avvisare direttamente Renzi riportando a lui i timori americani. E così la nomina di Carrai, annunciata venerdì 29 dalla stesso premier per questa settimana, è definitivamente saltata. A preoccupare gli Stati Uniti sarebbero per lo più gli interessi economici dell’ormai ex aspirante 007 a Tel Aviv e le sue amicizie israeliane. Per quanto riguarda le società, i maggiori dubbi sarebbero legati alla Cys4 e alle tre Wadi Venture registrate tra Lussemburgo e Tel Aviv, di cui il Fatto ha rivelato l’esistenza il 21 marzo 2016. Società riconducibili a Carrai e partecipate da grandi imprenditori delle infrastrutture pubbliche, consiglieri di Finmeccanica, capi di importanti gruppi bancari, ex agenti dei servizi segreti israeliani, uomini legati ai colossi del tabacco. Oltre al solito fedelissimo renziano, Davide Serra. Tra i tanti soci figurano la Jonathan Pacifici & Partners Ltd – società israeliana del lobbista Jonathan Pacifici, magnate delle start up che dalla “silicon valley” di Tel Aviv – e la Leading Edge, riconducibile a Reuven Ulmansky, veterano della unità 8200 dell’esercito israeliano, creata nel 1952, equivalente alla National security agency (Nsa) degli Usa, dedita da sempre alla guerra cibernetica e alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana. Ulmansky è socio di Carrai anche nella italiana Cys4. Quest’ultima è l’azienda che avrebbe potuto occuparsi della cyber security se Carrai avesse ricevuto la consulenza. Altro capitolo sono le amicizie di Carrai. A cominciare da quelle con il discusso Michael Ledeen, già finito in un’inchiesta dell’Fbi che ha individuato e smantellato una rete di agenti legati al Mossad intenta a sottrarre documenti riservati del Pentagono (come riportato dal Fatto il 23 aprile scorso), e con l’attuale ambasciatore di Israele a Roma, Noar Gilon, prossimo a essere sostituto da Fiamma Nirenstein ad agosto. Ma soprattutto i rapporti diretti con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al quale proprio Carrai ha organizzato la visita in Italia e l’incontro fiorentino con il premier Matteo Renzi. Lo stop recapitato dalla Cia ai Servizi segreti italiani è stato formulato come “consiglio” finalizzato a evitare possibili interferenze da parte degli agenti israeliani. Ma va letto anche attraverso la dura campagna elettorale che si sta consumando negli Stati Uniti. Il governo democratico di Obama ormai da diversi mesi ha posto notevoli distanze da Netanyahu. Israele è da sempre schierato a favore dei neoconservatori. Che ricambiano. Pochi giorni fa, Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca, ha dichiarato che il governo di Tel Aviv deve continuare a colonizzare i territori palestinesi occupati in Cisgiordania e ha manifestato il “sostegno incondizionato” alla politica sionista. Una posizione assunta per ingraziarsi l’Aipac (potente lobby israeliana in America) ma che ha scatenato forti polemiche. I rapporti diplomatici tra Washington e Tel Aviv sono tesi ed è facilmente prevedibile che lo rimarranno fino alla proclamazione del successore di Obama il prossimo 8 novembre. Anche Renzi, con ogni probabilità, dovrà aspettare l’elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca per tornare alla carica con la nomina di Carrai. Antonio Massari e Davide Vecchi, il Fatto Quotidiano 7/5/2016 *** L’uomo del governo israeliano, per alcuni (“Ho da fare a Tel Aviv”, ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi» (Marco Damilano) [Esp 4/11/2013]. • Vive a Firenze. «Poi viaggio. Un giorno alla settimana lo passo a Roma, due li passo a Milano, e il resto sono in giro, spesso vado a Tel Aviv».