Paola Emilia Cicerone, l’Espresso 24/6/2016, 24 giugno 2016
SE LA PIZZA È UNA SCIENZA
Acqua, farina e scienza. Per trasformare uno degli alimenti più amati nel mondo, la pizza, in uno strumento per promuovere discipline tradizionalmente ostiche come chimica e fisica. È la formula - o meglio la ricetta - de "La pizza al microscopio" (Gribaudo, pagine 160, euro 14,90) un saggio in libreria dal 23 giugno. Nato da un blog sul tema e dalla passione familiare per quest’alimento: «Abbiamo cominciato a riflettere sul perché sia cosi difficile fare una pizza buona, e su tutta la scienza che c’era dietro: fisica, chimica, matematica, botanica, genetica...», racconta Walter Caputo, economista prestato alla divulgazione e coautore del libro insieme a Luigina Pugno. «Così ci è venuta voglia di sfruttare il tema per avvicinare alla scienza i non addetti ai lavori: in fondo, la cucina è il laboratorio scientifico più diffuso nelle case degli italiani».
Apprendiamo così che la pizza come la conosciamo è una creazione relativamente recente ma ha antenati antichissimi, seppur senza pomodoro. Questo è infatti arrivato sulle nostre tavole nel diciottesimo secolo e si chiama così «perché la varietà diffusa inizialmente, il tomatillo, somigliava a una piccola mela (pomo) color oro». Poi il libro prosegue con l’approfondimento sugli ingredienti e gli esperimenti da fare a casa, come gonfiare un palloncino con l’anidride carbonica, o estrarre il Dna del pomodoro.
«È un libro pensato per chi ama la pizza, soprattutto quella classica napoletana col cornicione alto, ricco di polifenoli antiossidanti. E anche per chi la fa, pizzaioli esperti che magari vogliono scoprire cosa c’è dietro alle procedure che conoscono da sempre», spiega Caputo. Con la voglia di smentire chi pensa che "chimica" sia una brutta parola: «Oggi spesso si contrappone "chimico" a "naturale", dimenticando che tutto è chimica. Anche il pomodoro». Di cui Caputo elenca le virtù salutari, dovute a polifenoli e carotenoidi come il licopene che protegge contro tumori e malattie cardiovascolari. E il cloruro di sodio, il comune sale da cucina che oltre a insaporire l’impasto agisce sulla composizione del glutine rendendo più facile da lavorare. «Anche gli additivi non sono necessariamente un male, alcuni servono a rendere gli alimenti più gradevoli e sicuri », osserva Caputo. «Conoscere la chimica aiuta a vedere le cose in modo equilibrato».
Pagina dopo pagina, Caputo chiarisce eterni dilemmi: mozzarella di bufala o di vaccina? «La vera pizza margherita è quella col fior di latte di vaccina, quella con la bufala si chiama margherita extra», spiega Caputo.
Per la cottura non ci sono alternative: «Serve un forno a legna, il solo in grado di raggiungere il calore necessario per far gonfiare a dovere il cornicione: 450-500 gradi, contro i 200 del forno a gas», dice Caputo. E bisogna accenderlo al mattino per raggiungere il calore necessario, evitando che le pizze messe a cuocere - «in base ai principi della termodinamica», ricorda l’autore - assorbano calore raffreddando così il forno.
In condizioni ottimali, una pizza cuoce in 60-90 secondi e va mangiata immediatamente, «per gustare gli aromi sprigionati dalle sostanze volatili generate attraverso la lievitazione». Anche se Caputo consiglia di portare a casa eventuali avanzi, da consumare riscaldandoli: «Impariamo a fare come i tedeschi che combattono gli sprechi arrivando al ristorante con una scatola per portare via quello che non hanno mangiato».
Anche per non rischiare di rimanere senza un po’ di pizza: che, secondo un recente studio dell’università del Michigan, è ai primi posti tra i cibi che possono dare dipendenza.